Franco Gitto poeta e scultore ci racconta le sue strategie per affrontare la cecità.
Oggi mi trovo a Vulcano e sono ospite nella casa del poeta Franco Gitto e della sua compagna Gianna Zuradelli. Franco in seguito a una malattia ha perso quasi completamente la vista e, rispondendo alla mia richiesta in modo spontaneo e generoso, ha deciso di condividere con noi parte della sua storia, aspetti intimi dolorosi ma anche gioie. E’ stato per entrambi un susseguirsi di emozioni intense: abbiamo ripercorso insieme periodi della sua vita a volte con voce rotta dalla commozione, ma subito dopo ritornava il guerriero che conosco, con la voce alta e perentoria di chi guarda in faccia la vita.
Laura: Franco che malattia hai avuto e che conseguenze ti ha portato?
Franco: Ho iniziato con un male terribile alle ginocchia, poi è salito alle braccia, quest’onda inesorabile è arrivata fin sotto alle orecchie per poi finire al cervello, dal dolore mi sembrava di impazzire. Per cinque mesi ho dovuto sopportare questi dolori atroci, prima che i medici potessero capire che cosa avessi. Ho peregrinato tra gli ospedali di Lipari, Milazzo, Barcellona (Me), Brescia. In tutti questi ospedali mi hanno sottoposto a punture di antibiotici di tutte le specie perché non riuscivano a individuare una diagnosi, ero ridotto a un colabrodo, gonfio come un bue, qualche volta per evitare che mi facessero ulteriori punture di antibiotici, sopportavo il dolore, i professori mi sgridavano sapendo quello che stavo passando. Alla fine, per eliminazione, all’ospedale di Brescia dettero un nome alla mia malattia: Arterite temporale, che mi ha colpito la vista, a oggi mi è rimasto un residuo visivo del 18% nell’occhio destro da poter utilizzare e il sinistro invece è completamente cieco.
Laura : Sulla tua pagina Facebook hai scritto una frase che ti rappresenta: “Ho una brutta malattia e due amanti sotto il letto una è la poesia e l’altra è l’arte in pieno aspetto”. Questa la consideri la tua vera malattia?
Franco: (ride) Sì, perché sono le mie passioni più forti, le mie amanti.
Laura: Sono queste amanti che ti hanno dato la forza per ricercare una buona qualità di vita?
Franco: La poesia mi ha dato la vita, da bambino ero un piccolo cantastorie e cantavo nelle piazze circondato dalla gente, leggere sui volti l’effetto che facevano mi rendeva felice. Così ho cominciato a scrivere le mie prime poesie per cantarle nelle piazze. La prima che ho scritto era per la mia mamma, da lì mi sono lasciato coinvolgere in maniera totale. Mi sono innamorato.
Laura: Franco, tu scrivi le tue poesie sia in lingua italiana che in dialetto siciliano, qui vedo dai tuoi trofei che hai vinto numerosissimi concorsi un po’ dappertutto, ma quante ne hai scritte?
Franco: Ho all’attivo circa 1200 poesie, 4 libri stampati, 94 riconoscimenti a livello europeo, sono senatore dell’Ordine Oraziano.
Laura: Il tuo rapporto con la scultura quando è nato?
Franco: Sono autodidatta e da sempre ho sentito al cospetto di zone rocciose un’attrazione fortissima, tant’è che se anche mi trovavo in compagnia di amici, sparivo e non mi trovavano più, loro andavano al ristorante e io girovagavo in cerca di pietre, era come se mi chiamassero. In qualche modo ne ero attratto, a trentasei anni ho preso la prima pietra in mano per trasformarla in un orango tango,
Laura: Qual’è la pietra che utilizzi per le tue opere?
Franco: Basalto lavico, composto al 40% di ferro, sono pietre durissime e quando hai terminato sei tranquillo che è un’opera eterna, uso il flessibile piccolo per smussare, scatena fiammate impressionanti.
Laura: Franco, l’hai un po’ anticipato nel video, e quindi entro a gamba tesa, come hai accolto nel tuo intimo la notizia delle conseguenze della malattia?
Franco: Diciamo che quando ho sentito il nome della malattia non mi sono scomposto più di tanto perché non sapevo di cosa si trattasse e poi nei giorni a venire, quando mi resi conto che la vista mi stava abbandonando, sono caduto in preda allo sgomento. Avevo fiducia nei professori e nella scienza di oggi, ma rimasi ugualmente sgomento. Nella mia vita credo di aver utilizzato i miei occhi per guardare bene le cose che mi circondavano, ero abituato a cogliere in maniera selettiva i dettagli per trasferirli poi nella mia arte, qualunque espressione decidessi di adottare, ho sempre colto l’essenziale, non mi sono mai perso in dettagli inutili, quindi lo shock è stato forte. Per me la vista era uno strumento sensoriale indispensabile per la mia espressione artistica.
Laura : Hai voglia di condividere le emozioni che si sono mosse dentro di te in quel periodo?
Franco: All’inizio ti trovi fuori rotta, non capisci come gestire questa tegola che ti è piombata addosso, un guazzabuglio di emozioni e dolore. Per fortuna la natura ci ha dotato anche del ragionamento: pensavo e ragionavo con me stesso in cerca di risposte. Ripeto che nel mio peregrinare durato cinque mesi, ho visto quelli che stavano peggio di me, c’era chi entrava in ospedale di notte e alla mattina non c’era più, quindi io con la vista o senza la vista ho pensato di essere comunque tra quelli fortunati (voce rotta dalla commozione).
Laura: È stata questa la molla che è scattata facendoti reagire per iniziare il cammino del cambiamento dovuto alla disabilità?
Franco: Diciamo che sono stato forte.
Laura: C’è stato un episodio che ti ha fatto riprendere la rotta salvandoti dalla deriva che ti stava risucchiando?
Franco: Sin da subito ho cercato di migliorarmi da solo psicologicamente,
Laura: È importante avere accanto una persona sulla quale fare affidamento?
Franco: Certo può essere importante, ma bisogna trovare ben altro, la mia Giannina mi ha dato tutto. È stata sempre al mio fianco, ho cercato con tutti i mezzi di farmi forza, ma come si dice aiutati che Dio ti aiuta.
Laura: Com’è la tua vita oggi? Che cambiamenti ci sono stati nella tua quotidianità?
Franco: A volte mi sorprendo ancora, con un piccolo nodo alla gola, quando mi rendo conto di non potere fare alcune cose, come scolpire, puoi facilmente immaginare che il flessibile in mano non sia più saggio per me tenerlo. Sono un vecchio campione di ciclismo e ho dovuto appendere le mie biciclette al chiodo, quando passo lì davanti mi fa male, ma a parte questi momenti, credo comprensibili, la mia forza vince sempre. Grazie a Dio non ho il cervello compromesso, e posso fare i conti con il mio raziocinio. Vivo a casa mia, conosco a memoria la mia casa, i miei angoli, i miei tragitti, le più piccole asperità del terreno del mio orto, tanto da quasi poterci correre. Tutto ha un ordine preciso, per orientarmi in modo da poter fare riferimento senza avvilirmi nel cercare per ore ciò di cui ho bisogno.
Laura: Quindi è fondamentale recuperare la memoria visiva?
Franco: Mi avvalgo dei miei ricordi, per me è ancora vita.
Laura : Possiamo affermare che la memoria visiva è un grande patrimonio?
Franco : Sì, essere nati vedenti senz’altro mi avvantaggia, i ricordi sono tutti nel mio archivio, nei cassetti della mia mente, che tiro fuori quando mi servono.
Laura: Franco, ogni anno vedo che i tuoi pomodori appinnuti assumono fogge diverse, è implicito che la tua arte la esprimi anche attraverso i frutti del tuo orto, hai sempre avuto un animo contadino?
Franco : Sono figlio di contadini e il rapporto con la terra per me è importantissimo, non potrei vivere in una casa senza un pezzo di terra, anche piccolissimo, ho bisogno della terra. Ricordo mio padre durante l’occupazione contadina in Sicilia; a sette anni ho fatto la mia parte, ho fatto il guardiano delle bandiere rosse, dovevo contarle e stare attento che nessuno se le portasse via, quindi per me è fondamentale essere in contatto quotidiano con la terra.
Laura: Franco, durante i miei incontri di sensibilizzazione sul tema dell’ipovisione, le persone dopo aver provato i simulatori visivi delle varie patologie, mi fanno mille domande, parecchi ne sono scossi emotivamente, molti mi dicono che se dovesse succedere a loro, arriverebbero a compiere un gesto estremo, tu cosa ti sentiresti di dire in proposito?
Franco: Che sbagliano, sbagliano di grosso. La mia l’ho già detta prima durante il video, l’idea l’ho avuta anch’io, ma deve prevalere il ragionamento, guardiamoci attorno e vediamo il resto del mondo com’è combinato, siamo sempre dei fortunati, perché siamo ancora qui, e possiamo contare sugli altri sensi. La vita continua, bisogna accettarsi per come si è. Basta, stop. Accettarsi. Sono qua, sto parlando, mi stai intervistando. Io non mi arrendo.
Laura: Qualcuno mi ha detto: “Guarda piuttosto mi farei togliere un braccio o una gamba, ma non la vista, non ce la potrei fare”. Io di rimando ho chiesto: “Pensi di avere la possibilità di scelta? E di conseguenza tutti noi con problemi visivi abbiamo fatto la scelta sbagliata?
Franco: Mah… ti dico che se a questi signori gli togliessero un braccio, direbbero mi contentavo che mi togliessero un occhio.
Laura: Sì, perché purtroppo bisogna fare l’esperienza per comprendere la propria condizione.
Franco: Posso affermare che non mi ero accorto fino ad oggi, di avere il senso dell’udito così sopraffino, se non avessi avuto la malattia non l’avrei scoperto, non ci avrei fatto caso, noi diamo tutto per scontato. Ora posso distinguere i suoni e i rumori anche distanti con molta precisione.
Laura: Sì, è vero anche per me è così. Ieri ho sentito arrivare la tua compagna, Gianna, e l’ho riconosciuta dal rumore del suo passo, che già conoscevo, e che contraddistingue ognuno di noi, se si presta la giusta attenzione.
Franco: In una mia poesia dico che la vita ci ricambia sempre. Se tu hai poca vista avrai più udito, se ti manca un braccio, avrai più forza nelle gambe, e cosi via e in ultima analisi dico: “I guai cominciano quando nasci con tanti peli sullo stomaco e senza di uno sulla lingua”. Di queste poesie ne ho scritte una serie durante la mia permanenza in ospedale, quando stavo male ho scritto solo poesie ironiche. Questa deve essere la forza che raccomando di cercare dentro di sé ai nostri amici che si trovano nella stessa condizione. Che cosa siamo in questo mondo se non sappiamo come disciplinarci e dare ordini al nostro corpo? Il corpo accetta ogni tipo di ordine. Il corpo compensa sempre e non c’è altro che noi possiamo fare. Basta avere la forza di resistere.
Laura: Tu stai dicendo che innanzitutto ci si deve parlare bene ed essere proatttivi, di trovare dentro di sé la capacità di reagire agli eventi in modo consapevole e responsabile senza lasciarsi limitare dalle condizioni interiori ed esterne?
Franco: Sì, devi dirti che non sei cieco, ma che stai cercando di migliorare la tua vista, anche senza occhi devi essere presente in tutto. Devi frequentare questo tipo di scuola, non servono professori o scienziati per questa disciplina, te la devi fare da solo, ci vuole costanza e alla fine avrai risultati utili per la tua vita. Quest’ultimo episodio, quello della vista, è stato quello che mi ha tirato fuori prepotentemente una forza che non conoscevo, se non passi da qui non ti conoscerai mai a fondo.
Franco: L’imponderabile non lo puoi prevedere, l’imprevisto non lo puoi scegliere, non sai come reagirai, non puoi pensare che certe cose capitino solo agli altri, che si trattino di “fatti lontani” dal nostro quotidiano. Se tu accetti di vivere in questo mondo, devi essere cosciente di quello che fai e di come ti muovi, devi avere la forza di accettare tutto ciò che ti può capitare, non puoi cambiarlo. Nella tua vita ti devi preparare all’imponderabile, allenarti, e anche tu con i tuoi simulatori fai fare un’esperienza che può rientrare anche questa nella preparazione. Ti faccio un esempio: quando ero giovane mi veniva spontaneo serrare gli occhi e pensare ai ciechi, e cercare di agire al buio. Mi chiedevo: “Ma come fanno? “ e mi allenavo. La preparazione è essenziale, non è che bisogna fuggire da questi pensieri, perché tutto può accadere. Inoltre essere preparati ti permette di entrare in empatia con gli altri e le loro difficoltà, perché pensi che possa accadere anche a te.
Gianna (la compagna di Franco): Devo dire che Franco ha avuto una grande forza, è chiaro che quando ha saputo che non c’era più niente da fare per la sua vista, sia caduto in preda a un grande sconforto. Essendogli stata vicina, ho temuto che non ce l’avrebbe fatta. Invece, elaborando e venendo a patti con la sua malattia, ha tirato fuori una grande forza, ha fatto una scelta degli obiettivi da raggiungere, ha scelto la via più utile e produttiva per affrontare la sua vita. Ha accettato le conseguenze della sua malattia e, lo posso affermare senza retorica, il pensare a chi sta peggio sposta l’ago della bilancia, ti fa uscire dal tuo orticello. Franco ha superato non solo la faccenda degli occhi, ma anche vari ictus e infarti. Grazie alla sua caparbietà ha cominciato a leggere e a scrivere col suo computer. Scientificamente non lo si può spiegare, ma osservandolo a volte mi chiedo se veramente sia in questa condizione, perché ha una tale percezione del reale che supplisce quasi totalmente alla vista mancante. Vede cose che io non vedo.