Come puoi essere cieco se riesci ancora a vedere?

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Definizione di cecità, ipovisione e deficit visivo.

 

ragazza non vedente al telefono

PUNTI CHIAVE

  • La disabilità visiva si manifesta lungo un continuum: dalla visione correggibile alla visione ipovedente fino alla cecità totale.
  • La maggior parte delle persone classificate come cieche hanno un minimo di vista.
  • Le definizioni di cecità variano a seconda del mondo e del tempo.

 

Il termine “ipovedente” si applica alle persone la cui vista ridotta, limita la loro capacità di svolgere le normali attività quotidiane, come guardare la televisione, cucinare etc. L’ipovisione di solito, a parte paatologie specifiche,  viene curata con lenti correttive o chirurgia refrattiva.

In base a quanto indicato dall’OMS: una persona si definisce cieca quando la sua acuità visiva corretta, nell’occhio che ci vede meglio, è al di sotto di 1/20; un soggetto ipovedente ha un acuità visiva corretta, nell’occhio che vede meglio, tra i 3/10 e 1/20.

Ciò significa che, anche con lenti o altri mezzi di correzione, nella cecità la visione risulta gravemente compromessa. Per quanto riguarda l’ipovisione, si tratta di una condizione meno grave, ma comunque limitante.

Le cause dell’ipovisione sono molteplici e, molte volte, legate anche al paese di appartenenza. Un paese più povero e sottosviluppato trova, ad esempio, tra le cause più comuni dell’ipovisione la cataratta se non viene trattata adeguatamente, oppure per le fasce più povere,  l’utilizzo di un’alimentazione di cibi processati e a buon mercato contenente dosi eccessive di zuccheri e additivi chimici. Gli alimenti ultra-processati, ricchi di additivi grassi ma poveri di fibre e nutrienti, sono invitanti per il palato eppure estremamente dannosi per la salute.

Tra le principali cause, vi è la degenerazione maculare legata all’età, una malattia che colpisce la parte centrale della retina, compromettendo la capacità di vedere i dettagli.

Un’altra causa comune è il glaucoma, una patologia che danneggia il nervo ottico e riduce gradualmente il campo visivo.

Anche la retinopatia diabetica, legata a complicazioni del diabete, così come l’albinismo, possono compromettere gravemente la retina e portare a ipovisione.

Altri fattori includono traumi oculari, infezioni, malattie genetiche o malformazioni congenite dell’occhio.

 

 

Nell’arco temporale di una vita, la vista può deteriorarsi rapidamente a causa di molteplici ragioni, non ultimo lo sviluppo del glaucoma. Si può perdere la capacità di vedere  la lettera più grande su una tabella oculistica standard, ma si possono ancora contare le dita tenute a pochi metri dagli occhi.

Un conoscente può chiedere “Come puoi essere cieco se riesci ancora a vedere?”

Nel linguaggio quotidiano, “cecità” significa l’incapacità di vedere qualsiasi cosa. Ma le definizioni formali di cecità hanno a lungo consentito vari gradi di visione residua. Ad esempio, un rapporto pubblicato nel 1915 da un comitato della Royal Society of Medicine ha definito quella che ha chiamato “cecità pratica”:

Molte persone che possono percepire la luce e, in una certa misura, la forma degli oggetti, sono tuttavia praticamente cieche per quanto riguarda le normali attività della vita, e sarebbe irragionevole negare loro l’aiuto che viene dato ai ciechi totali. (Smith & Paton, 1915, p. 149)

In altre parole, le persone con una visione residua, dovrebbero essere classificate come cieche se la loro capacità funzionale nella vita di tutti i giorni, non è molto migliore di quella di chi non ha affatto una vista. La ragione per cui si è arrivati a dover fare queste distinzioni era (e lo è ancora) di natura legale: le agenzie governative volevano avere dei parametri per valutare, chi ha diritto a ricevere i benefici e i servizi disponibili per i ciechi.

Determinare chi è cieco e chi non lo è

Nel suo articolo del 2009 “On Blindness”, la studiosa di studi sulla disabilità e vittoriana Julia Miele Rodas ha scritto:

La cecità è  un “continuum”, o una varietà, con così tante gradazioni e una tale confusa diversità di vedere e non vedere che diventa virtualmente impossibile mettere un dito su un punto e dichiarare: Ecco! Questa persona è vedente, e quella invece è cieca.

Sebbene ogni persona cieca sia unica, la comunicazione tra ricercatori, medici, clienti e altri soggetti risulta più comprensibile e meno ambigua se riusciamo ad identificare e misurare oggettivamente le caratteristiche principali della perdita della vista.

La definizione che ha avuto la maggiore influenza negli Stati Uniti è stata sviluppata da un comitato dell’American Medical Association (AMA) 90 anni fa. Il comitato “è stato nominato in risposta a una richiesta del Department of Public Welfare dello Stato dell’Illinois per una definizione di cecità, in termini scientifici, che potrebbe essere resa statutaria” (Jackson et al., 1934. p. 1445).

Questa definizione si concentra su due caratteristiche fondamentali della perdita della vista:

  • Acuità visiva notevolmente ridotta
  • Visione periferica notevolmente ridotta

Il termine “acuità visiva” si riferisce alla nitidezza e chiarezza della vista quando si guarda direttamente un oggetto. La definizione AMA afferma che una persona è cieca se la sua acuità visiva corretta nell’occhio migliore è 20/200 o inferiore.

Una persona che indossa lenti correttive (ad esempio occhiali o lenti a contatto) ma riesce comunque a leggere solo la riga superiore di una tipica tabella oculistica ha una vista di 20/200 (vedere Figura 1). Questa persona dovrebbe stare a 20 piedi di distanza dalla tabella oculistica per vederla chiaramente come una persona non ipovedente che sta a 200 piedi di distanza.

Una persona che indossa lenti correttive (ad esempio occhiali o lenti a contatto) ma riesce comunque a leggere solo la riga superiore di una tipica tabella oculistica ha una vista di 20/200 (vedere Figura 1). Questa persona dovrebbe stare a 6 metri di distanza dalla tabella oculistica per vederla chiaramente come una persona non ipovedente che sta a 60 metri di distanza.

Figura 1. La tabella di Snellen, utilizzata per misurare l’acuità visiva.

La seconda caratteristica fondamentale nella definizione di cecità dell’AMA è la visione periferica notevolmente ridotta, definita “deficit del campo visivo”. Il campo visivo è tutto ciò che vedi da un lato all’altro e dall’alto in basso quando guardi direttamente un singolo punto di fronte a te. Nelle persone non ipovedenti, il campo visivo si estende per oltre 120 gradi da sinistra a destra e circa 90 gradi dall’alto in basso (vedi Figura 2).

CLASSIFICAZIONE INTERNAZIONALE DELLE MALATTIE (ICD) LETTURE ESSENZIALI

 

Campo visivo degli esseri umani da entrambi gli occhi

 

Figura 2. Il campo visivo, che comprende regioni centrali e periferiche.

Il campo visivo è separato in due aree visive:

  • visione centrale, che è la piccola area al centro che vede i dettagli fini degli oggetti (misurata come acuità visiva)
  • visione periferica, che è la vasta area che circonda il centro che vede gli oggetti in modo molto meno dettagliato

La definizione AMA afferma che una persona è cieca se il suo intero campo visivo si estende solo di 20 gradi o meno attorno al centro (Koestler, 2004). È come se la persona stesse guardando il mondo attraverso un lungo tubo.

La definizione di cecità dell’AMA include anche le persone che sono “totalmente cieche”, il che significa che non hanno alcuna percezione della luce. Gli individui totalmente ciechi, tuttavia, costituiscono solo circa il 10-20 percento di coloro che soddisfano i criteri AMA per la cecità (Kleege, 2005; Lee et al., 2024). Pertanto, la stragrande maggioranza delle persone legalmente cieche ha un po’ di vista.

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La definizione AMA è stata rapidamente adottata dalle legislature federali e statali, che hanno incluso il suo linguaggio nella legislazione che fornisce benefici e servizi ai ciechi (Koestler, 2004; Lee et al., 2024). Ancora più importante, il Congresso degli Stati Uniti ha incluso la definizione nel Social Security Act del 1935.

Ma la definizione AMA esclude arbitrariamente altri la cui vista è così compromessa da causare notevoli difficoltà nel funzionamento quotidiano (Leat et al., 1999; Vaishali & Vijayalakshmi, 2020). Oggi, queste persone sono classificate come “ipovedenti”.

Ipovisione: disabile ma non cieco

Negli anni ’50, Gerald Fonda ed Eleanor Faye, che lavoravano al Lighthouse for the Blind di New York City, coniarono il termine “ipovisione” e lo applicarono alle persone con perdita della vista non correggibile che non soddisfacevano i criteri AMA per la cecità (Leat et al., 1999; Mogk & Goodrich, 2004). Definirono la “ipovisione” in termini pratici e funzionali, come la capacità significativamente ridotta di svolgere importanti attività della vita quotidiana, anche con la migliore vista corretta. Ad esempio, una persona che indossa occhiali e ha difficoltà a vedere un volto dall’altra parte di una stanza sarebbe classificata come ipovedente.

Le definizioni funzionali di ipovisione sono interessanti perché tengono conto delle esigenze specifiche degli individui e delle attività quotidiane più importanti per loro. Tuttavia, le valutazioni cliniche basate su queste definizioni dipendono dai giudizi soggettivi dei clinici (Leat et al., 1999).

Pertanto, gli specialisti hanno cercato di sviluppare definizioni di ipovisione che includano misure numeriche. Alcune definizioni di ipovisione, ad esempio, specificano un intervallo di acuità visiva da 20/70 a migliore di 20/200 (Mogk & Goodrich, 2004). Ma le valutazioni cliniche dell’ipovisione includono altri aspetti della vista, come la percezione della profondità e la capacità di distinguere un oggetto dal suo sfondo. Si tratta di un problema complesso su cui ho intenzione di tornare in un post futuro.

Organizzazione Mondiale della Sanità: Definizioni di disabilità visiva e cecità

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) è responsabile dello sviluppo e dell’implementazione della Classificazione Internazionale delle Malattie (ICD), un sistema di classificazione utilizzato a livello globale. L’undicesima revisione dell’ICD, entrata in vigore nel 2022, elenca diverse categorie di perdita della vista che costituiscono un continuum dalla compromissione lieve alla cecità totale (Organizzazione Mondiale della Sanità, 2022).

La definizione di “cecità” dell’ICD è più restrittiva della definizione dell’AMA:

  • ICD: acuità visiva peggiore di 20/400
  • AMA: acuità visiva peggiore di 20/200
  • ICD: il campo visivo si estende di 10 gradi o meno attorno al centro
  • AMA: il campo visivo si estende di 20 gradi o meno attorno al centro

Questo confronto mostra che la risposta alla domanda “Questa persona è cieca?” dipende da chi chiede e dal motivo per cui vuole saperlo. Le differenze nella definizione ICD sono dovute, in parte, al fatto che è utilizzata principalmente nella ricerca epidemiologica in tutto il mondo (vedere la Guida di riferimento ICD ).

In questo blog, a meno che non affermi diversamente, uso la definizione AMA per classificare le persone come cieche. Nel mio prossimo post, esaminerò l’influenza degli stereotipi sociali nella vita delle persone cieche.

Riferimenti

Jackson, E., Snell, AC, & Gradle, PS (1934). Rapporto del comitato sulla definizione di cecità. Journal of the American Medical Association , 103 (19), 1445-1446

Kleege, G. (2005). Cecità e cultura visuale: un resoconto di un testimone oculare. Journal of Visual Culture , 4 (2), 179-190.

Koestler, FA (2004). The Unseen Minority: A Social History of the Blind in the United States . American Foundation for the Blind. (Opera originale pubblicata nel 1976)

 

 

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Decreto semplificazione Legge 114 del 11/08/2014

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Decreto semplificazione 90/2014 convertito in legge con importanti modificazioni
Legge 114 del 11 / 08 / 2014

Tratto da Handylex di Carlo Giacomini

Il tema della semplificazione amministrativa è centrale nel rapporto fra la Pubblica Amministrazione, i cittadini e le imprese. Ai sovraccarichi amministrativi, cioè alle procedure imposte da un sovrapporsi spesso disorganico di disposizioni, viene giustamente imputata la causa di maggiori oneri traducibili in costi diretti o indiretti per chi si trova ad affrontarli. Tempo e denaro sottratti ai diretti interessati, ma anche maggiore impiego di risorse umane della Pubblica Amministrazione, provocano un riverbero negativo in termini di sviluppo economico, ma anche di qualità della vita delle persone.

Negli ultimi anni il Legislatore italiano è intervenuto, con maggiore o minore decisione, nella direzione della semplificazione amministrativa.

Nell’àmbito della disabilità il sovraccarico amministrativo rappresenta un elemento di ulteriore disagio perché investe opportunità e diritti e ne rallenta o appesantisce la fruizione.

In particolare i percorsi di riconoscimento di status (invalidità, handicap, disabilità ai fini lavorativi, handicap ai fini scolastici) risultano assai farraginosi, comportano inutili duplicazioni di visite di controllo, revisione e verifica prevalentemente ingiustificate.

In questo àmbito gli interventi normativi sono stati piuttosto marginali e timidi negli anni: unica norma degna di rilievo, pur di efficacia “depotenziata”, è la legge 80/2006 che impone il principio che le persone con grave disabilità, stabilizzata o ingravescente, siano esonerate da ulteriori visite di verifica e controllo. Dei limiti di questa norma parliamo più sotto.

Nell’ultimo decennio, più volte, le Associazioni delle persone con disabilità e in particolare la Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap, hanno avanzato organiche proposte di semplificazione amministrativa che, tuttavia, pur incontrando una disponibilità teorica, sono rimaste finora lettera morta.

Di tutt’altro segno il recente decreto legge 24 giugno 2014, n. 90. Il decreto, già commentato su questo sito, è stato convertito definitivamente dalla legge 11 agosto 2014, n. 114.

L’articolo 25, rubricato “Semplificazione per i soggetti con invalidità”, reca le più interessanti disposizioni. In sede di conversione sono state inserite ulteriori rilevanti novità dalle quali iniziamo con la nostra esposizione.

RIVEDIBILITA’  E STATUS

Nella normativa previgente alla legge 114/2014 lo status relativo alla minorazione civile e all’handicap (legge 104/1992) decadeva in occasione della scadenza dei relativi verbali di accertamento anche se l’interessato era in attesa di visita di revisione. A causa dei ritardi “tecnici” di verifica della permanenza dei requisiti sanitari, all’indomani della scadenza eventualmente indicata nel verbale venivano sospese le provvidenze economiche (pensioni, assegni, indennità), si perdeva il diritto alle agevolazioni lavorative (permessi e congedi) e non si poteva accedere ad altre agevolazioni quali, ad esempio, quelle fiscali finché non fosse stato definito un nuovo verbale di accertamento.

La novità introdotta dal Legislatore (articolo 25, comma 6 bis) è certamente un segno di civiltà a favore del Cittadino: nel caso in cui sia prevista rivedibilità si conservano tutti i diritti acquisiti in materia di benefici, prestazioni e agevolazioni di qualsiasi natura.

Status di minorazione civile/o handicap nei casi di rivedibilità

IERI: Si perdevano benefici, prestazioni e agevolazioni di qualsiasi natura alla data di scadenza del verbale e fino a nuovo accertamento

OGGI :Non si perdono benefici, prestazioni e agevolazioni di qualsiasi natura in attesa di nuovo accertamento.

Sempre a proposito di patente di guida, il secondo comma dell’articolo 25 ammette la possibilità per l’interessato di chiedere la presenza, nel corso della valutazione dell’idoneità, di un esperto di un’associazione di persone con disabilità da lui individuata. Questa opportunità si aggiunge a quella già prevista di farsi accompagnare da un medico di fiducia.

PATENTE E GUIDA

Ottenere l’idoneità alla guida per una persona con disabilità è spesso un percorso ad ostacoli. La sua idoneità e l’eventuale uso di parti-colari adattamenti vengono stabiliti da una commissione medica locale di cui fanno parte un medico e un ingegnere della motorizzazione civile. Tempi di attesa e costi diretti per la persona sono notevoli. Generalmente la durata della stessa patente è inferiore a quella degli altri cittadini e per il rinnovo si deve seguire il medesimo iter rivolgendosi nuovamente alla commissione.

Questo percorso è identico sia che la disabilità sia stabilizzata (esempio amputazione d’arto) che nel caso, invece, sia ingravescente o possa necessitare di adattamenti diversi nel tempo.

Finalmente il secondo comma dell’articolo 25 della legge 114/2014 sopprime questa ridondanza.

Esso prevede che se nella prima visita di idoneità alla guida la commissione certifica che il conducente presenta una disabilità stabilizzata e non necessita di modifica delle prescrizioni o delle limitazioni in atto, i successivi rinnovi di validità della patente di guida potranno esse-re effettuati senza passare per la commissione, cioè come tutti gli altri “patentati” con un risparmio di tempo e di denaro. Inoltre la durata della patente è quella comunemente prevista per tutti (tre, cinque, dieci anni a seconda del tipo di patente e dell’età del conducente).

Rinnovo dell’idoneità alla guida per patologia o menomazione stabilizzata  IERI: Era necessario rivolgersi alla commissione medica locale con tempi di attesa e spese addizionali OGGI: È sufficiente rivolgersi ad un medico autorizzato (Agenzia pratiche, ASL …) come gli altri cittadini.

Sempre a proposito di patente di guida, il secondo comma dell’articolo 25 ammette la possibilità per l’interessato di chiedere la presenza, nel corso della valutazione dell’idoneità, di un esperto di un’associazione di persone con disabilità da lui individuata. 

Questa opportunità si aggiunge a quella già prevista di farsi accompagnare da un medico di fiducia.

PARCHEGGI

Il terzo comma interviene in materia di gratuità dei parcheggi, modificando l’articolo 381 del Regolamento del codice della strada.

La nuova disposizione impone al comune di stabilire, anche nell’ambito delle aree destinate a parcheggio a pagamento gestite in conces-sione, un numero di posti destinati alla sosta gratuita degli invalidi muniti di contrassegno superiore al limite minimo previsto dalla nor-mativa vigente (1 posto ogni 50 o frazione di 50 posti disponibili). Questa indicazione, in precedenza, era facoltativa.

A contempo, lo stesso comma pone solo come facoltà, e non obbligo, per i comuni di prevedere la gratuità della sosta per gli invalidi nei parcheggi a pagamento qualora risultino già occupati o indisponibili gli stalli a loro riservati.

CERTIFICATI PROVVISORI E AGEVOLAZIONI LAVORATIVE

Molto interessante anche il quarto comma su cui vanno spiegate le premesse.

La normativa vigente in materia di agevolazioni lavorative (permessi mensili e congedi biennali retribuiti) pone come condizione ineludi-bile la presentazione del verbale di handicap con connotazione di gravità (art. 3, comma 3, legge 104/1992) e non ammette l’equipollenza di altre certificazioni di invalidità.

L’articolo 2, comma 2 del decreto-legge 27 agosto 1993, n. 324 (convertito alla legge 27 ottobre 1993, n. 423) prevede che qualora la commissione medica non si pronunci entro 90 giorni dalla presentazione della domanda, l’accertamento di handicap può essere effet-tuato dal medico, in servizio presso l’Azienda Usl che assiste il disabile, specialista nella patologia dalla quale è affetta la persona con disabilità. L’accertamento produce effetti, ai fini della concessione dei benefici previsti dall’articolo 33, sino all’emissione del verbale da parte della commissione medica. Questa eccezione, tuttavia, oltre a comportare comunque una visita (quella specialistica) ulteriore, non risolve tutte le emergenze e la necessità di accedere in tempi rapidi alle agevolazioni lavorative.

Inoltre riguarda solo i permessi lavorativi (art. 33, legge 104/1992) e non anche i congedi (art. 42, decreto legislativo 151/2001).

Il quarto comma del decreto-legge 90/2014 risolve questi paradossi. Abbassa il limite di 90 giorni a 45, autorizza le Commissioni a rilasciare il certificato provvisorio (valido fino all’emissione di quello definitivo) già fine visita e, infine, estende la validità anche ai congedi retribuiti (quelli fino a due anni di astensione).

Quindi un’accelerazione dei procedimenti e un risparmio di tempo e di denaro per richiedere la visita di uno specialista.

Lo stesso comma abbassa anche a novanta giorni (dalla data di presentazione della domanda) il tempo massimo entro cui la Commissione ASL deve pronunciarsi rispetto allo status di handicap (art. 3, legge 104/1992). Si rammenta che una volta che la ASL ha perfezionato il verbale quest’ultimo deve essere trasmesso all’INPS per la convalida definitiva.

Certificato provvisorio di handicap grave finalizzato alle agevolazioni lavorative  IERI: Era da richiedere ad un medico specialista non prima che siano trascorsi 90 giorni dalla domanda di accertamento.La Commissione ASL non era autorizzata formalmente al rilascio di un certificato provvisorio al termine della visita di accertamento.

Valido solo per i permessi (art. 33, legge 104/1992)OGGI: Da richiedere ad un medico specialista non prima che siano trascorsi 45 giorni dalla domanda di accertamento.La Commissione ASL è autorizzata al rilascio di un certificato provvisorio al termine della visita di accertamento.

Valido per i permessi (art. 33, legge 104/1992) e per i congedi (d. lgs. 151/2001)Tempi massimi per la definizione dei verbali da parte della Commissione ASL IERI:
180 giorni 
OGGI:
90 giorni

NEOMAGGIORENNI

Culturalmente e politicamente meritevoli di plauso i commi 5 e 6.

Anche in questo caso è necessario un inquadramento generale. Fino ad oggi un minore titolare di indennità di accompagnamento per una grave disabilità, anche se stabilizzata e ingravescente, è comunque costretto al compimento della maggiore età ad una nuova valutazione dell’invalidità (o cecità o sordità) altrimenti gli viene revocata l’indennità e non gli viene concessa la pensione che gli spetterebbe come maggiorenne.

Una contraddizione per una normativa che ha già tentato di contenere le visi-te di revisione inutili.

Il comma 6 stabilisce finalmente che al minore titolare di indennità di accom-pagnamento per invalidità civile, o cecità o di comunicazione per sordità “sono attribuite al compimento della maggiore età le prestazioni economiche erogabili agli invalidi maggiorenni, senza ulteriori accertamenti sanitari.” 

Nel testo convertito in legge è stato anche soppresso l’obbligo, inizialmente previsto nel decreto di legge, di presentare una domanda amministrativa: la concessione avverrà in automatico. 

Il testo dell’articolo (seconda parte del comma 6) reca una imperfezione che non ne altera lo spirito: il richiamo anche alle patologie di cui all’articolo 42-ter, comma 1, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, articolo modificato dallo stesso nuovo decreto 90/2014.

Notevole anche il comma 5 che interessa i minori titolari di indennità di frequenza.

Costoro, presentando una domanda in via amministrativa entro i sei mesi antecedenti il compimento della maggiore età, ottengono in via provvisoria, già al compimento del diciottesimo anno di età, le prestazioni erogabili agli invalidi maggiorenni (verosimilmente solo la pensione o l’assegno). Rimane fermo, al raggiungimento della maggiore età, l’accertamento delle condizioni sanitarie e degli altri requisiti previsti dalla normativa di settore.

Su tale ultimo aspetto INPS – con messaggio n. 6512 dell’8 agosto 2014 – ha già fornito le conseguenti indicazioni operative, rendendo disponibile sul proprio sito anche i relativi moduli per la domanda amministrativa.

Neo-maggiorenni titolari di indennità di accompagnamento  IERI: Venivano sottoposti a nuova visita al compimento del 18 anno di età OGGI: Non vengono sottoposti a nuova visita al compimento del 18 anno di età; le provvidenze vengono concesse in automatico
Neo-maggiorenni titolari di indennità di frequenza  IERI: Venivano sottoposti a nuova visita al compimento del 18. anno di età OGGI: Vengono sottoposti a nuova visita al compimento del 18 anno di età, ma in attesa della visita vengono concesse, su domanda, le provvidenze per invalidità civile spettanti ai maggiorenni

RIVEDIBILITA’

L’attuale scrittura del comma 7 è praticamente neutra, cioè non produce al momento alcun effetto e, forse andrà corretta o rafforzata in sede di conver-sione in legge. Sopprime infatti un periodo della legge 9 agosto 2013, n. 98 relativo alle visite a campione (Piani straordinari) che prevedeva di non sotto-porre a controllo gli invalidi in particolari situazioni.

L’abrogazione, al momento, non appare sufficiente ad evitare, come voluto, disagi ai cittadini.

Storica invece l’abrogazione prevista dal comma successivo.

La legge 9 marzo 2006, n. 80 affronta il problema della ripetizione delle visite di accertamento per soggetti che hanno patologie o menomazioni stabilizzate e non reversibili.

La norma prevede, modificando l’articolo 97, comma 2, della legge 23 dicem-bre 2000, n. 388, che i soggetti portatori di menomazioni o patologie stabiliz-zate o ingravescenti, che abbiano dato luogo al riconoscimento dell’indennità di accompagnamento o di comunicazione siano esonerati da ogni visita medica finalizzata all’accertamento della permanenza della minorazione civile o dell’handicap, questo per evitare inutili duplicazioni di visite.

Quindi quella norma non estende il divieto di revisione anche a tutte le situa-zioni stabilizzate a meno che non godano dell’indennità.

Solo a titolo di esempio una persona con amputazione che non dà titolo all’indennità di accompagnamento, a normativa vigente non rientra nelle previsioni dell’articolo 6 della citata Legge 80/2006.

L’articolo 25, comma 8 della legge 114/2014 abroga un periodo della norma originaria, eliminando il paradosso fra l’altro con una tecnica giuridica molto apprezzabile. D’ora in poi l’esonero dalla revisione riguarderà tutte le patologie stabilizzate, gravi o meno che siano.

Il periodo abrogato è infatti: “I soggetti portatori di menomazioni o patologie stabilizzate o ingravescenti, inclusi i soggetti affetti da sindrome da talidomide, che abbiano dato luogo al riconoscimento dell’indennità di accompagnamento o di comunicazione sono esonerati da ogni visita medica finalizzata all’accertamento della permanenza della minorazione civile o dell’handicap.” 

Rimane in vigore solo il periodo successivo: “Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro della salute, sono individuate, senza ulteriori oneri per lo Stato, le patologie e le menomazioni rispetto alle quali sono esclusi gli accertamenti di controllo e di revisione ed è indicata la documentazione sanitaria, da richiedere agli interessati o alle commissioni mediche delle aziende sanitarie locali qualora non acquisita agli atti, idonea a comprovare la minorazione.” 

Il vigente decreto interministeriale 2 agosto 2007 – che aveva elencato i gruppi di patologie esonerati da visita – è, a questo punto, da riscrivere almeno nella premessa.

Esonero dalla ripetizione di visite di verifica o di controllo  IERI: Spettava alle persone con disabilità stabilizzata o ingravescente, solo se titolari di indennità di accompagna-mento (invalidi, ciechi totali) o di comunicazione OGGI: Spetta alle persone con disabilità stabilizzata o ingravescente, anche se non titolari di indennità di accom-pagnamento (invalidi, ciechi totali) o di comunica-zione

CONCORSI E ASSUNZIONI NELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Con il penultimo comma, l’articolo 25 interviene pure sulla legge 104/1992 e in particolare sull’articolo 20 quello che riguarda le prove d’esame nei concorsi pubblici e per l’abilitazione alle professioni.

Giustamente e razionalmente viene inserito un nuovo comma che stabilisce che una persona con invalidità uguale o superiore all’80% non è tenuta a sostenere la prova preselettiva eventualmente prevista.

L’ultimo comma, il 9 bis inserito in fase di conversione, appare invece di dubbia interpretazione. Esso interviene modificando il secondo comma dell’articolo 16 della legge 68/1999 (Norme per il diritto al lavoro dei disabili).

Il comma in questione della 68/1999 prevede che i disabili che abbiano conse-guito l’idoneità nei concorsi pubblici possono essere assunti, ai fini della copertura delle aliquote di riserva nelle pubbliche amministrazioni, anche oltre il limite dei posti ad essi riservati nel concorso.

Ad esempio, se un concorso prevede una riserva di 5 posti per disabili in una data amministrazione pubblica, ma in quella stessa amministrazione l’aliquo-ta di riserva è di 10 posti, si può ricorrere alla graduatoria delle persone risul-tate idonee per raggiungere il rispetto dell’aliquota prevista dalla legge 68/1999.

In origine la legge 68/1999 consente queste assunzioni anche se gli interessati non versano in stato di disoccupazione. La legge 114/2014 sopprime quell’in-ciso relativo alla disoccupazione. Sembra che il Legislatore abbia voluto ade-guare questa disposizione specifica alle indicazioni già presenti all’articolo 8 della stessa legge 68/1999 relativa agli elenchi e graduatorie, privilegiando i disabili che si trovino in stato di disoccupazione.

In realtà, alla prova dei fatti, la modifica appare piuttosto debole: il ben noto tasso di scopertura delle aliquote di riserva presso le pubbliche amministra-zioni e il risicato numero di concorsi  riservati rendono quasi ridondante l’indicazione normativa anche se così novellata.

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LEGGE: IPOVISIONE E CECITA’

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IPOVISIONE e CECITÀ

Legge 3 aprile 2001, n. 138 Classificazione e quantificazione delle minorazioni visive e norme in materia di accertamenti oculistici

ART. 1 (Campo di applicazione) [Si veda anche la modifica in calce del Ministero della Salute] La presente legge definisce le varie forme di minorazioni visive meritevoli di riconoscimento giuridico, allo scopo di disciplinare adeguatamente la quantificazione dell’ipovisione e della cecità secondo i parametri accettati dalla medicina oculistica internazionale. Tale classificazione di natura tecnico-scientifica, non modifica la vigente normativa in materia di prestazioni economiche e sociali in campo assistenziale

ART. 2 (Definizione di ciechi totali) Ai fini della presente legge, si definiscono ciechi totali:

  • a) coloro che sono colpiti da totale mancanza della vista in entrambi gli occhi
  • b) coloro che hanno la mera percezione dell’ombra e della luce o del moto della mano in entrambi gli occhi o nell’occhio migliore
  • c) coloro il cui residuo perimetrico binoculare è inferiore al 3%

 

ART. 3 (Definizione di ciechi parziali) Si definiscono ciechi parziali:

  • a) coloro ché hanno un residuo visivo non superiore a 1/20 in entrambi gli occhi o nell’occhio migliore, anche con eventuale correzione.
  • b) coloro il cui residuo perimetrico binoculare è inferiore al 10%

ART.4 (Definizione di ipovedenti gravi). Si definiscono ipovedenti gravi:

  • a) coloro che hanno un residuo visivo non superiore he hanno un residuo visivo non superiore a 1/10 in entrambi gli occhi o nell’occhio migliore, anche con eventuale correzione
  • b) coloro il cui residuo perimetrico binoculare è inferiore al 30%

ART. 5 (Definizione di ipovedenti medio-gravi). Ai fini della presente legge, si definiscono ipovedenti medio-gravi:

a) coloro che hanno un residuo visivo non superiore a 2/10 in entrambi gli occhi o nell’occhio migliore, anche con eventuale correzione

b) coloro il cui residuo perimetrico binoculare è inferiore al 50%

ART.6 (Definizione di ipovedenti lievi) Si definiscono ipovedenti lievi:

  • a) coloro che hanno un residuo visivo non superiore a 3/10 in entrambi gli occhi o nell’occhio migliore, anche con eventuale correzione
  • b) coloro il cui residuo perimetrico binoculare è inferiore al 60%

Ministero della salute 21/09/04:
Con la seguente circolare si
modifica l’articolo 1 della legge 138:

“..le definizioni dettate dalla legge n.138 del 2001 debbano ora essere prese in considerazione in ogni ambito valutativo del danno funzionale a carico dell’apparato visivo e, quindi, anche in sede di accertamento della cecità per causa civile ai fini della concessione dei relativi benefici, sia a carattere economico che socio assistenziale…”.

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