I fratelli Kathryn, Sam e Matthew White sono impegnati in una missione, e cioè quella di vedere tutto ciò che possono prima di perdere completamente la vista a causa di una malattia genetica rara.
La loro madre Beth ha trasmesso loro un gene difettoso e, tutta insieme la famiglia è ora impegnata in una corsa contro il tempo per completare la lista di quello che bisogna assolutamente vedere.
Beth ha iniziato a diventare cieca quando aveva solo cinque anni e ha sposato il suo fidanzatino del liceo David, quando era già completamente cieca, ma il suo disturbo era così raro che ancora gli scienziati non ne avevano dato un nome.
Due anni fa un test ha rivelato che tutti i tre bambini hanno ereditato la stessa condizione della madre e che diventeranno probabilmente ciechi nei prossimi anni.
Kathryn, 13, Sam, 11 e Matthew, 8, stanno già perdendo la loro vista.
“Realizzi che hai tre bellissimi bambini e che tutti avranno bisogno di così tanto sostegno … c’è un grande senso di colpa in me per aver causato tutto questo, e che non mi sembrava giusto,” ci ha detto la madre Beth.
Ma il team di scienziati del Sydney Hospital si trovano anche loro in una corsa contro il tempo per trovare una cura per i bambini White, e di recente sono stati in grado di isolare il gene difettoso.
Il gruppo di Genetica dell’Eye Medical Research Institute ha cominciato a cercare risposte dal 2013.
Il Professore Associato Robyn Jamieson dirige il gruppo di ricerca, ha detto che il suo team, ha utilizzato il sequenziamento del genoma che ha consentito agli scienziati medici attraverso 23.000 geni nel corpo umano, di trovare la mutazione.
“E’ come trovare un ago in un pagliaio perché ci sono 23.000 geni diversi che dobbiamo guardare attraverso tre miliardi di coppie base,” dice Professore Jamieson.
“Sono 3 gigabyte di dati … ciascuno”.
“E ‘stato un momento molto emozionante,” ha detto il Professore Jamieson riferendosi alla scoperta del gene responsabile della condizione.
Il dottor Jamieson stima che avrebbero bisogno di 5 milioni di dollari di fondi aggiuntivi per monitorare lo sviluppo dei trattamenti da applicare.
Si spera che la ricerca porterà a trovare un possibile trattamento sperimentale per i bambini White ma anche a coloro che soffrono di Retinite Pigmentosa convenzionale – una condizione meno rara che era stata originariamente diagnosticata a Beth.
Per primi al mondo, hanno isolato il gene che ha causato la malattia e hanno iniziato ad applicare loro scoperta nel trattamento per i bambini.
Significa che si è fatto un passo avanti in una lunga battaglia per ripristinare la loro vista. Questa innovazione medica ha il potenziale per poter aiutare le altre migliaia di persone che soffrono di patologie oculari genetiche. Per la famiglia White, è una corsa contro il tempo. Il trattamento riuscirà ad arrestare il deteriorarsi della vista prima che sia troppo tardi?
Catherine, Sam e Matthew stanno perdendo la loro vista a ritmi diversi e non si sa per quanto tempo riusciranno a vedere.
“Avere Quel livello di speranza – ha cambiato le nostre vite,” dice mamma Beth : “Chissà che risultato sarà … ma avere la speranza è tutto, davvero.”
“Dobbiamo credere che questo lavoro di ricerca, anche se non riparerà il danno ormai avuto, forse potrà arrestare i danni futuri.
In questovideo di Channel 7, la famiglia White volerà appesa ad una fune in acciaio sulla Zipline più veloce del mondo in Nuova Zelanda a Gravity Canyon fuori Wellington, una straordinaria esperienza che fa parte del loro elenco di cose imperdibili che non si dimenticano facilmente.
Beth e David hanno messo tutto il loro tempo e denaro per rendere le esperienze per i loro figli, ma il tempo e denaro stanno per scadere.
“Questa è la parte più spaventosa, quanto tempo abbiamo?» ci dice Beth.
Per saperne di più sulla famiglia e la loro condizione rara si prega di visitare, www.oakestrust.org
Giornata mondiale del bastone bianco e campagna di sensibilizzazione 2015
Oggi è la giornata mondiale del bastone bianco e come da programma avrei scritto un pezzo per il blog sulla giornata, un discorso in generale. Mai avrei pensato di scrivere qualcosa che mi riguardasse in prima persona. Oggi il mio bastone bianco mi ha permesso di incontrare degli esseri umani: diversi per sensibilità, per inclinazioni, per senso civico. Diversi in quanto esseri umani, perciò individui. L’avverarsi di un evento negativo, che non sto a raccontare nello specifico perché non necessario, mi ha permesso di incontrare persone attente e disponibili nei confronti della mia non abilità. Il bastone bianco mi ha facilitato il compito, mi ha reso riconoscibile, ha dato una connotazione alla mia condizione e, per risonanza, le ha rese attente e disponibili nei miei confronti.
In un momento in cui ero spaesata e avvilita, visibilmente in difficoltà, bisognosa di aiuto, si sono avvicinate a me delle signore che mi hanno sollevato dallo scoramento e mi hanno accompagnata a destinazione. Senza neppure fosse necessario palesare il mio disorientamento a parole, si sono avvicinate e mi hanno offerto il loro sostegno.
Insomma, un grazie alle donne della città di Chiari che ho incontrato oggi, e ai passeggeri del regionale, per essere stati i miei occhi, in modo naturale e semplice.
Oggi avrei potuto piangermi addosso, avrei potuto focalizzare la mia frustrazione su una manifestazione rozza di maleducazione (la causa del mio malessere), avrei potuto ritirarmi in me stessa e abbandonarmi a pensieri vittimistici.
Avrei in questo modo guardato solo una parte della realtà e, molto probabilmente, mi sarei persa quella migliore che è stata la controprova decisiva: la presenza, sempre e in ogni luogo, del lato sano della nostra società, ovvero le persone capaci di guardare oltre sé stesse.
Sono commossa e profondamente grata per questo.
Vi saluto ricordandovi quanto sia prezioso il bastone bianco per tutti noi, per chi lo usa e per chi lo riconosce e ne comprende la valenza.
Una triatleta cieca trova le sue capacità nella sua disabilità
WASHINGTON (WUSA) – Oltre 120 mila persone negli Stati Uniti sono cieche a causa del glaucoma. Amy Dixon ne è affetta e supera gli ostacoli affrontando il suo glaucoma avanzato con un diverso tipo di percorso.
Amy è un paratriatleta degli Stati Uniti con la uveite, il glaucoma neovascolare, e il glaucoma indotto da farmaci – tutti e tre hanno compromesso la sua capacità di visione. Ma nessuno di questi è riuscito a diminuire la sua tenacia e il suo spirito.
Amy Dixon ha appena guadagnato una medaglia d’argento al CAMTRI, i campionati continentali di triathlon in Messico nel maggio del 2015.
La sua malattia non è qualcosa di nuovo. Le era stata diagnosticata diciassette anni fa, la Dixon ha imparato il modo di superarla con le sue capacità atletiche.
“Io lavoro nel settore del vino”, sottolinea Dixon, “l’ho fatto per 20 anni. Ma di recente, negli ultimi due anni, sono diventata un atleta professionista.”
I sommelier professionisti devono poter individuare, versare vini. I Triatleti del Team USA devono gareggiare correndo, correre in bicicletta, e nuotare. Diventare un sommelier completo o un triatleta sono obiettivi che per molti americani sono difficili da raggiungere. La Dixon li ha raggiunti entrambi, nonostante quella che lei dice di avere “Una tenda nera davanti ai suoi occhi”.
Da giovane al college, quando aveva ancora la vista, la Dixon era una stella del nuoto del college. Appena appresa la notizia della sua diagnosi, la Dixon dice: “Non immaginavo di poter diventare l’atleta che sono diventata.” spiega ai social media come sia avvenuto il suo cambio di atteggiamento.
“Avevo sentito parlare di alcune donne che erano non vedenti e che gareggiavano nel triathlon”, dice la Dixon. In un primo momento non potevo concepire nella mia testa che questo potesse essere possibile, senza i segnali visivi.
I suoi amici si coinvolsero allora con lei negli allenamenti con una bicicletta tandem, hanno nuotato e corso vicino a lei – cosa che dice è stato simile al suo cane guida Elvis. Una volta che ha capito, non ha mai più guardato indietro e ora è impegnata a pieno ritmo per le Paralimpiadi di Rio del 2016.
Essere in una squadra competitiva per la Dixon è stato il regalo che non si aspettava di ricevere dal glaucoma.
“Non avrei mai immaginato che essere cieca e essere un atleta potessero stare nella stessa frase,” ammette.
Crede che per lei ora si stia aprendo ai suoi occhi un mondo completamente nuovo, che per convinzione ha pensato precluso per anni.
“Mi sento come se mi fosse stato dato un regalo, ho un sacco di capacità e non di disabilità”, dice la Dixon.
In questo momento non esiste una cura per il glaucoma, ma ci sono farmaci a base di cannabis in cantiere che alcuni pensano possano arrestare un giorno la progressione di questa malattia degli occhi.
Niente è impossibile: questo uomo non vedente crea dipinti pieni di colore attraverso il tatto.
John Bramblitt è un artista che vive a Denton in Texas, la sua arte è presente ormai in più di trenta Paesi ed è apparso a livello internazionale sulla stampa, in TV e in radio. E ‘ stato ospite di CBS Evening News con Katie Couric, ABC, NBC, FOX, Discovery Channel e BBC Radio e TV, solo per citarne alcuni. Sono sue le opere d’arte su numerose copertine di riviste, e per grandi produzioni cinematografiche. E’ stato pluripremiato per i suoi cortometraggi “Line of Sight’ e ” Bramblitt. Bene, John Bramblitt è cieco. Le conseguenze di una grave epilessia lo hanno lasciato completamente cieco.
Bramblitt è anche l’autore del premiato libro, “Gridando nel buio”. Attualmente lavora come consulente per i musei che intendono sviluppare progetti per includere tutti i visitatori – indipendentemente dalla loro capacità o disabilità. ” Gridando nel buio” è la storia della vita di Bramblitt, il suo viaggio attraverso quel territorio per lui nuovo della cecità, e di come ritrova la gioia di vivere attraverso la passione per l’arte.
Prima della sua cecità, John aveva studiato presso l’Università del North Texas a Denton, in Texas, dove si è laureato con il massimo dei voti. Quando Bramblitt perse la sua vista nel 2001, a causa di complicanze dell’epilessia e del morbo di Lyme, le sue speranze di diventare un insegnante di scrittura creativa, andarono in frantumi affondando in una profonda depressione. Si sentiva scollegato dalla famiglia e dagli amici, alienato e solo. Ma poi qualcosa di stupefacente è accaduto nel scoprire la pittura. John all’età di trent’ anni non aveva mai dipinto. Ha imparato a distinguere le diverse vernici colorate sentendo con le dita le diverse consistenze. Da autodidatta ha imparato a dipingere utilizzando linee in rilievo, in modo da aiutarsi nel trovare i riferimenti sulla tela (visualizzazione tattile) e per “vedere” i suoi soggetti attraverso il tatto. Ora dipinge ritratti sorprendentemente realistici di persone che non ha mai visto – tra cui la moglie e il figlio.
Quando George Redhawk tempo fa iniziò a perdere la vista, decise di documentare com’era in grado di vedere il mondo, diventando così la sua vera ’ossessione’.
Come vediamo il mondo è semplicemente una questione di prospettiva – e questo artista ci ha giocato, partendo da come si percepisce il nostro ambiente circostante.
Perdere la vista ha fatto focalizzare George Redhawk su quello che i suoi occhi hanno visto e come il cervello potesse elaborare le immagini, così ha messo insieme queste GIF intense e penetranti.
Le immagini, sia belle che sconnesse, giocano e sfidano l’idea comune che abbiamo di come ci appare il mondo.
George, che ha lavorato in diversi campi della medicina e nell’insegnamento di materie come la tecnologia a raggi X, ha detto a The Creators Project, che perdere la vista ha distrutto completamente la sua carriera professionale.
Da qui la decisione di lavorare al suo progetto di immagini GIF, prima di perdere completamente la vista.
“Ero ossessionato, giorno e notte cercavo di guardare e immagazzinare tutto quello che potevo,” ci dice.
Nel suo nuovo progetto, The World Through My Eyes, spiega: “ E’ l’espressione artistica della confusione che si attraversa a causa della perdita della vista”.
“Se al cervello non vengono inviati dati sufficienti, si cerca di riempire e compensare questi spazi vuoti con informazioni false, quindi lo si può affermare in senso lato, che non ci si può fidare di cosa i vostri occhi o il cervello ci dicono”, ha aggiunto.
La tecnica utilizzata è stata quella di mettere insieme delle immagini GIF e sottoporle a un programma di morphing. Il risultato finale appare stupefacente agli occhi di chi può vederle.
E’ stata definita una tecnica che ormai viene chiamata ‘effetto Redhawk’. George dice che non si definisce un artista, ma solo “un ragazzo che ama giocare con le foto”.
Ulteriori lavori di George sono disponibili per la visualizzazione su DarkAngelØne.
Franco Gitto poeta e scultore ci racconta le sue strategie per affrontare la cecità.
Oggi mi trovo a Vulcano e sono ospite nella casa del poeta Franco Gitto e della sua compagna Gianna Zuradelli. Franco in seguito a una malattia ha perso quasi completamente la vista e, rispondendo alla mia richiesta in modo spontaneo e generoso, ha deciso di condividere con noi parte della sua storia, aspetti intimi dolorosi ma anche gioie. E’ stato per entrambi un susseguirsi di emozioni intense: abbiamo ripercorso insieme periodi della sua vita a volte con voce rotta dalla commozione, ma subito dopo ritornava il guerriero che conosco, con la voce alta e perentoria di chi guarda in faccia la vita.
Laura: Franco che malattia hai avuto e che conseguenze ti ha portato?
Franco: Ho iniziato con un male terribile alle ginocchia, poi è salito alle braccia, quest’onda inesorabile è arrivata fin sotto alle orecchie per poi finire al cervello, dal dolore mi sembrava di impazzire. Per cinque mesi ho dovuto sopportare questi dolori atroci, prima che i medici potessero capire che cosa avessi. Ho peregrinato tra gli ospedali di Lipari, Milazzo, Barcellona (Me), Brescia. In tutti questi ospedali mi hanno sottoposto a punture di antibiotici di tutte le specie perché non riuscivano a individuare una diagnosi, ero ridotto a un colabrodo, gonfio come un bue, qualche volta per evitare che mi facessero ulteriori punture di antibiotici, sopportavo il dolore, i professori mi sgridavano sapendo quello che stavo passando. Alla fine, per eliminazione, all’ospedale di Brescia dettero un nome alla mia malattia: Arterite temporale, che mi ha colpito la vista, a oggi mi è rimasto un residuo visivo del 18% nell’occhio destro da poter utilizzare e il sinistro invece è completamente cieco.
Laura : Sulla tua pagina Facebook hai scritto una frase che ti rappresenta: “Ho una brutta malattia e due amanti sotto il letto una è la poesia e l’altra è l’arte in pieno aspetto”. Questa la consideri la tua vera malattia?
Franco: (ride) Sì, perché sono le mie passioni più forti, le mie amanti.
Laura: Sono queste amanti che ti hanno dato la forza per ricercare una buona qualità di vita?
Franco: La poesia mi ha dato la vita, da bambino ero un piccolo cantastorie e cantavo nelle piazze circondato dalla gente, leggere sui volti l’effetto che facevano mi rendeva felice. Così ho cominciato a scrivere le mie prime poesie per cantarle nelle piazze. La prima che ho scritto era per la mia mamma, da lì mi sono lasciato coinvolgere in maniera totale. Mi sono innamorato.
Laura: Franco, tu scrivi le tue poesie sia in lingua italiana che in dialetto siciliano, qui vedo dai tuoi trofei che hai vinto numerosissimi concorsi un po’ dappertutto, ma quante ne hai scritte?
Franco: Ho all’attivo circa 1200 poesie, 4 libri stampati, 94 riconoscimenti a livello europeo, sono senatore dell’Ordine Oraziano.
Laura: Il tuo rapporto con la scultura quando è nato?
Franco: Sono autodidatta e da sempre ho sentito al cospetto di zone rocciose un’attrazione fortissima, tant’è che se anche mi trovavo in compagnia di amici, sparivo e non mi trovavano più, loro andavano al ristorante e io girovagavo in cerca di pietre, era come se mi chiamassero. In qualche modo ne ero attratto, a trentasei anni ho preso la prima pietra in mano per trasformarla in un orango tango,
Laura: Qual’è la pietra che utilizzi per le tue opere?
Franco: Basalto lavico, composto al 40% di ferro, sono pietre durissime e quando hai terminato sei tranquillo che è un’opera eterna, uso il flessibile piccolo per smussare, scatena fiammate impressionanti.
Laura: Franco, l’hai un po’ anticipato nel video, e quindi entro a gamba tesa, come hai accolto nel tuo intimo la notizia delle conseguenze della malattia?
Franco: Diciamo che quando ho sentito il nome della malattia non mi sono scomposto più di tanto perché non sapevo di cosa si trattasse e poi nei giorni a venire, quando mi resi conto che la vista mi stava abbandonando, sono caduto in preda allo sgomento. Avevo fiducia nei professori e nella scienza di oggi, ma rimasi ugualmente sgomento. Nella mia vita credo di aver utilizzato i miei occhi per guardare bene le cose che mi circondavano, ero abituato a cogliere in maniera selettiva i dettagli per trasferirli poi nella mia arte, qualunque espressione decidessi di adottare, ho sempre colto l’essenziale, non mi sono mai perso in dettagli inutili, quindi lo shock è stato forte. Per me la vista era uno strumento sensoriale indispensabile per la mia espressione artistica.
Laura : Hai voglia di condividere le emozioni che si sono mosse dentro di te in quel periodo?
Franco: All’inizio ti trovi fuori rotta, non capisci come gestire questa tegola che ti è piombata addosso, un guazzabuglio di emozioni e dolore. Per fortuna la natura ci ha dotato anche del ragionamento: pensavo e ragionavo con me stesso in cerca di risposte. Ripeto che nel mio peregrinare durato cinque mesi, ho visto quelli che stavano peggio di me, c’era chi entrava in ospedale di notte e alla mattina non c’era più, quindi io con la vista o senza la vista ho pensato di essere comunque tra quelli fortunati (voce rotta dalla commozione).
Laura: È stata questa la molla che è scattata facendoti reagire per iniziare il cammino del cambiamento dovuto alla disabilità?
Franco: Diciamo che sono stato forte.
Laura: C’è stato un episodio che ti ha fatto riprendere la rotta salvandoti dalla deriva che ti stava risucchiando?
Franco: Sin da subito ho cercato di migliorarmi da solo psicologicamente,
Laura: È importante avere accanto una persona sulla quale fare affidamento?
Franco: Certo può essere importante, ma bisogna trovare ben altro, la mia Giannina mi ha dato tutto. È stata sempre al mio fianco, ho cercato con tutti i mezzi di farmi forza, ma come si dice aiutati che Dio ti aiuta.
Laura: Com’è la tua vita oggi? Che cambiamenti ci sono stati nella tua quotidianità?
Franco: A volte mi sorprendo ancora, con un piccolo nodo alla gola, quando mi rendo conto di non potere fare alcune cose, come scolpire, puoi facilmente immaginare che il flessibile in mano non sia più saggio per me tenerlo. Sono un vecchio campione di ciclismo e ho dovuto appendere le mie biciclette al chiodo, quando passo lì davanti mi fa male, ma a parte questi momenti, credo comprensibili, la mia forza vince sempre. Grazie a Dio non ho il cervello compromesso, e posso fare i conti con il mio raziocinio. Vivo a casa mia, conosco a memoria la mia casa, i miei angoli, i miei tragitti, le più piccole asperità del terreno del mio orto, tanto da quasi poterci correre. Tutto ha un ordine preciso, per orientarmi in modo da poter fare riferimento senza avvilirmi nel cercare per ore ciò di cui ho bisogno.
Laura: Quindi è fondamentale recuperare la memoria visiva?
Franco: Mi avvalgo dei miei ricordi, per me è ancora vita.
Laura : Possiamo affermare che la memoria visiva è un grande patrimonio?
Franco : Sì, essere nati vedenti senz’altro mi avvantaggia, i ricordi sono tutti nel mio archivio, nei cassetti della mia mente, che tiro fuori quando mi servono.
Laura: Franco, ogni anno vedo che i tuoi pomodori appinnuti assumono fogge diverse, è implicito che la tua arte la esprimi anche attraverso i frutti del tuo orto, hai sempre avuto un animo contadino?
Franco : Sono figlio di contadini e il rapporto con la terra per me è importantissimo, non potrei vivere in una casa senza un pezzo di terra, anche piccolissimo, ho bisogno della terra. Ricordo mio padre durante l’occupazione contadina in Sicilia; a sette anni ho fatto la mia parte, ho fatto il guardiano delle bandiere rosse, dovevo contarle e stare attento che nessuno se le portasse via, quindi per me è fondamentale essere in contatto quotidiano con la terra.
Laura: Franco, durante i miei incontri di sensibilizzazione sul tema dell’ipovisione, le persone dopo aver provato i simulatori visivi delle varie patologie, mi fanno mille domande, parecchi ne sono scossi emotivamente, molti mi dicono che se dovesse succedere a loro, arriverebbero a compiere un gesto estremo, tu cosa ti sentiresti di dire in proposito?
Franco: Che sbagliano, sbagliano di grosso. La mia l’ho già detta prima durante il video, l’idea l’ho avuta anch’io, ma deve prevalere il ragionamento, guardiamoci attorno e vediamo il resto del mondo com’è combinato, siamo sempre dei fortunati, perché siamo ancora qui, e possiamo contare sugli altri sensi. La vita continua, bisogna accettarsi per come si è. Basta, stop. Accettarsi. Sono qua, sto parlando, mi stai intervistando. Io non mi arrendo.
Laura: Qualcuno mi ha detto: “Guarda piuttosto mi farei togliere un braccio o una gamba, ma non la vista, non ce la potrei fare”. Io di rimando ho chiesto: “Pensi di avere la possibilità di scelta? E di conseguenza tutti noi con problemi visivi abbiamo fatto la scelta sbagliata?
Franco: Mah… ti dico che se a questi signori gli togliessero un braccio, direbbero mi contentavo che mi togliessero un occhio.
Laura: Sì, perché purtroppo bisogna fare l’esperienza per comprendere la propria condizione.
Franco: Posso affermare che non mi ero accorto fino ad oggi, di avere il senso dell’udito così sopraffino, se non avessi avuto la malattia non l’avrei scoperto, non ci avrei fatto caso, noi diamo tutto per scontato. Ora posso distinguere i suoni e i rumori anche distanti con molta precisione.
Laura: Sì, è vero anche per me è così. Ieri ho sentito arrivare la tua compagna, Gianna, e l’ho riconosciuta dal rumore del suo passo, che già conoscevo, e che contraddistingue ognuno di noi, se si presta la giusta attenzione.
Franco: In una mia poesia dico che la vita ci ricambia sempre. Se tu hai poca vista avrai più udito, se ti manca un braccio, avrai più forza nelle gambe, e cosi via e in ultima analisi dico: “I guai cominciano quando nasci con tanti peli sullo stomaco e senza di uno sulla lingua”. Di queste poesie ne ho scritte una serie durante la mia permanenza in ospedale, quando stavo male ho scritto solo poesie ironiche. Questa deve essere la forza che raccomando di cercare dentro di sé ai nostri amici che si trovano nella stessa condizione. Che cosa siamo in questo mondo se non sappiamo come disciplinarci e dare ordini al nostro corpo? Il corpo accetta ogni tipo di ordine. Il corpo compensa sempre e non c’è altro che noi possiamo fare. Basta avere la forza di resistere.
Laura: Tu stai dicendo che innanzitutto ci si deve parlare bene ed essere proatttivi, di trovare dentro di sé la capacità di reagire agli eventi in modo consapevole e responsabile senza lasciarsi limitare dalle condizioni interiori ed esterne?
Franco: Sì, devi dirti che non sei cieco, ma che stai cercando di migliorare la tua vista, anche senza occhi devi essere presente in tutto. Devi frequentare questo tipo di scuola, non servono professori o scienziati per questa disciplina, te la devi fare da solo, ci vuole costanza e alla fine avrai risultati utili per la tua vita. Quest’ultimo episodio, quello della vista, è stato quello che mi ha tirato fuori prepotentemente una forza che non conoscevo, se non passi da qui non ti conoscerai mai a fondo.
Franco: L’imponderabile non lo puoi prevedere, l’imprevisto non lo puoi scegliere, non sai come reagirai, non puoi pensare che certe cose capitino solo agli altri, che si trattino di “fatti lontani” dal nostro quotidiano. Se tu accetti di vivere in questo mondo, devi essere cosciente di quello che fai e di come ti muovi, devi avere la forza di accettare tutto ciò che ti può capitare, non puoi cambiarlo. Nella tua vita ti devi preparare all’imponderabile, allenarti, e anche tu con i tuoi simulatori fai fare un’esperienza che può rientrare anche questa nella preparazione. Ti faccio un esempio: quando ero giovane mi veniva spontaneo serrare gli occhi e pensare ai ciechi, e cercare di agire al buio. Mi chiedevo: “Ma come fanno? “ e mi allenavo. La preparazione è essenziale, non è che bisogna fuggire da questi pensieri, perché tutto può accadere. Inoltre essere preparati ti permette di entrare in empatia con gli altri e le loro difficoltà, perché pensi che possa accadere anche a te.
Gianna (la compagna di Franco): Devo dire che Franco ha avuto una grande forza, è chiaro che quando ha saputo che non c’era più niente da fare per la sua vista, sia caduto in preda a un grande sconforto. Essendogli stata vicina, ho temuto che non ce l’avrebbe fatta. Invece, elaborando e venendo a patti con la sua malattia, ha tirato fuori una grande forza, ha fatto una scelta degli obiettivi da raggiungere, ha scelto la via più utile e produttiva per affrontare la sua vita. Ha accettato le conseguenze della sua malattia e, lo posso affermare senza retorica, il pensare a chi sta peggio sposta l’ago della bilancia, ti fa uscire dal tuo orticello. Franco ha superato non solo la faccenda degli occhi, ma anche vari ictus e infarti. Grazie alla sua caparbietà ha cominciato a leggere e a scrivere col suo computer. Scientificamente non lo si può spiegare, ma osservandolo a volte mi chiedo se veramente sia in questa condizione, perché ha una tale percezione del reale che supplisce quasi totalmente alla vista mancante. Vede cose che io non vedo.
“Un guerriero sceglie una strada, qualunque strada, con il cuore, e la segue; e poi si rallegra e ride. Sa, perchè vede che la sua vita finirà anche troppo presto. Vede che non c’ è nulla che sia più importante di tutto il resto.” Paolo Coelho
In questo centro commerciale, appaiono ologrammi di persone disabili nel momento in cui si tenta di parcheggiare nel loro spazio riservato. Grande uso della tecnologia per divulgare un messaggio potente. L’agenzia è la Y & R, Mosca.
Traduzione scritta a seguire qui sotto.
E’ assodato che più del 30% dei conducenti di auto in Russia si appropriano dei parcheggi per disabili senza preoccuparsi del simbolo disegnato sul terreno. Dislife, un’ organizzazione no-profit russa, ha promosso un’incisiva campagna mediatica di sensibilizzazione per fermare questo comportamento incivile e sconsiderato. Hanno installato un sistema che proietta un video olografico con protagonista un vero disabile, che spunta ogni volta che un conducente privo di contrassegno, cerca di parcheggiare nello spazio riservato ai disabili. Le speciali telecamere verificano la presenza del contrassegno sul parabrezza e se non lo rilevano, l’ologramma si attiva e verosimilmente si confronta con il conducente.
Traduzione:
Speaker : “Ciao mi puoi vedere? Chiaramente? Perché per più del 30 per cento d’auto io non esisto. Ti appropri del mio posto incurante del simbolo segnato per terra dimenticandoti sempre che io sono più di un segno“. L’Organizzazione no-profit Dislife.ru, ha trasformato il simbolo grafico della disabilità in una proiezione oleografica di una reale persona disabile, uno schermo sottile di aria satura a dispersione acquosa invisibile agli occhi umani, e speciali telecamere verificano la presenza del simbolo dei disabili sul parabrezza. Se non rilevano alcun contrassegno: “
Ragazzo: “Fermati, che cosa stai facendo? Non sono solo un segno per terra!”
Ragazzo: “Non fingere che non esista!”
Ragazzo: “Perché sei sorpreso?”
Ragazzo: “Questo e un parcheggio per disabili”
Ragazzo: “Si, sono vero.”
Ragazzo: “ Per favore cerca un altro posto per parcheggiare.”
Speaker: “Questa azione educativa ha avuto luogo in vari magazzini del centro commerciale di Mosca, così come è stata riproposta nei più grandi centri commerciali europei.”
Ragazzo: “ Affronto molte sfide ogni giorno, la tua unica sfida è di rispettare i miei diritti”:
Questo articolo non è una pubblicità occulta, ma una testimonianza di una fan dichiarata del Mac!
Prima di partire per il mio ultimo viaggio, dopo anni di fedele servizio, il mio computer portatile mi ha mollata. Ho sempre usato fin dagli albori, il Mac della Apple, non solo per il suo linguaggio semplice e intuitivo, ma anche perché ha già integrate in sé, di serie, le tecnologie assistive di cui ho bisogno, che vanno bene per me. Infatti, per chi ha disabilità visive, l’OS X offre di serie, un’ampia gamma di tecnologie assistive. Non dimentichiamoci inoltre il display Retina, che riduce i fastidiosi riflessi luminosi. Clicca qui per info
Comunque, tutto questo per dirvi, che dopo numerosi tentativi, che eviterò di raccontare per non annoiarvi, mi è stato impossibile acquistare il mio nuovo Mac con l’agevolazione dell’Iva al 4%. come prevede l’articolo 3 della legge n. 104 del 1992, “per i sussidi tecnici e informatici rivolti a facilitare l’autosufficienza e l’integrazione dei portatori di handicap indicati”.
Riuscire a capire come muovermi è stato complicato, la legge non è chiara e l’iter non è ben specificato, e come se non bastasse, una volta che mi sono interfacciata con gli enti preposti, ho rimbalzato contro diversi muri di gomma. Cercare di far capire la natura della mia richiesta circa la sola ed esclusiva agevolazione dell’IVA, (non il sussidio Asl), ai medici oculisti Asl programmati in modalità ” incapacità di ascolto”, è stata un’impresa impossibile. Considerata la mia urgenza, (una dottoressa mi ha risposto che non poteva ricevermi prima dei due mesi) me lo sono acquistato con l’ IVA al 22% e di conseguenza non avrò detrazione IRPEF.
La benevola e virtuale pacca sulla spalla, prevista dalla legge per “facilitare la comunicazione interpersonale, l’elaborazione scritta o grafica, il controllo dell’ambiente, l’accesso all’informazione e alla cultura.” non corrisponde di fatto al vero, perché ti limita esclusivamente all’acquisto dei prodotti inclusi e iscritti nel nomenclatore tariffario, cioè già scelti da tecnici alla fonte, dove si preclude la libertà di scelta in base alle proprie capacità. Evidentemente chi li ha integrati nella lista, sa meglio di me (sto scherzando), cosa funziona meglio per i miei occhi.
Qui sotto vi inoltro la gentile risposta via mail della Presidente Inverardi dell’UIC e Ipovedenti di Brescia, questo per fare chiarezza sui nostri diritti, spero voi abbiate più fortuna di me con i vostri interlocutori:
“ Gentile Laura,
le trascrivo a seguire la risposta della Presidente Inverardi sperando possa risultarle utile qualora si trovi ad affrontare una situazione analoga:
…Va differenziato l’acquisto con agevolazione iva al 4% dall’ottenimento del sussidio o ausilio attraverso ASL, dunque servizio sanitario nazionale e dunque ausilio rientrante nel nomenclatore tariffario ASL.
Un IMAC Apple non rientra tra gli ausili ottenibili attraverso ASL e dunque attraverso il nomenclatore tariffario, le ASL che lo fanno rientrare o i medici oculisti prescrittori che indicano un codice riconducibile (si dice in gergo) per poter farlo rientrare, non agiscono correttamente e se ne assumono le responsabilità.
I pc in genere non sono ausili medici che rientrano nel nomenclatore tariffario, ma sono i software vocali o sintetizzatori vocali che rientrano (ad es. Jaws).
La procedura per ottenere un sussidio o ausilio rientrante nel nomenclatore tariffario e dunque passato da ASL è la seguente:
1. impegnativa del medico di base con richiesta di visita per prescrizione ausilio;
2. appuntamento con medico oculista (nel nostro caso) prescrittore e successiva gestione della pratica da parte dell’ufficio ausili dell’ASL di competenza a seconda della residenza.
Per l’iva al 4% va detto che è applicabile a coloro che hanno un verbale di invalidità e l.104 e vi sono a seconda dei negozianti, dei rivenditori o delle ditte, diverse modalità d’agire:
alcuni negozianti e rivenditori per applicare l’iva al 4 ritengono sufficiente il solo verbale L.104, altri invece applicano alla lettera le linee guida dell’agenzia delle entrate, vale a dire la presentazione di dichiarazione di medico di struttura pubblica o accreditata, attestante la sussistenza delle condizioni di handicap e la specifica che l’acquisto risulta integrativo e compensativo della situazione di disagio.
Non va confuso l’acquisto con iva al 4 con la possibilità di ottenimento di ausili medici e sussidi attraverso ASL.
Ciò che manda in confusione è la norma di agenzia delle entrate che prima dicevamo perché cita testualmente: “certificato medico rilasciato dall’ASL…”, ma significa certificato di medico di struttura pubblica o accreditata. Loro indicano ASL perché in tutto il territorio nazionale le visite specialistiche vengono fatte dalle ASL, ma in Regione Lombardia no, sono in capo ad aziende ospedaliere. Cordiali saluti “
Oggi per me, è una giornata speciale, perché è venuto a trovarmi a Vulcano, lo chef non vedente Anthony Andaloro. Perché sono felice di averlo qui? Perché oltre che essere un caro amico, per me è un esempio ispirante e motivante di come una persona, una volta affrontata e misurata la propria disabilità fisica, può riuscire a trovare in sé quei talenti e quelle nuove abilità per reinventare la propria vita quando accade l’imprevisto.
Laura : “Grazie Anthony per essere qui oggi e per aver accettato di parlarci di temi importanti che vanno aldilà della copertina patinata del tuo successo mediatico.”
Anthony: “Grazie a te, Laura, per avermi invitato per questa intervista, e ti ringrazio anche per il percorso sensoriale eno-gastronomico che mi hai fatto sperimentare oggi qui a Vulcano, è un piacere essere ospite tuo e di “Tu con i tuoi occhi”. Come ben sai, mi reputo una sorta di missionario, nel senso che cerco di far arrivare dei messaggi precisi soprattutto a quella parte di società un po’ bigotta, perché siamo ancora discriminati pesantemente, in ogni campo e a ogni livello, e il mio impegno è sensibilizzare alla solidarietà, per questo sono felicissimo che tu mi abbia voluto dare modo di parlarne.”
Laura: “Per fare chiarezza direi subito di toglierci l’impiccio principale: hai voglia anche tu di fare coming out, cioè di dichiarare apertamente in cosa consiste la nostra disabilità? Perché noi due condividiamo la stessa problematica: si tratta di una patologia genetica progressiva e invalidante, denominata retinite pigmentosa. A me è rimasto, per ora, un residuo visivo utilizzabile del 10%. E tu Anthony?”.
Anthony: “Come hai detto tu, anch’io sono affetto da retinite pigmentosa e praticamente sono cieco totale nell’occhio sinistro e cieco assoluto nell’occhio destro, ma ci tengo a precisare che questa cosa non ha bloccato la mia vita, anzi, mi ha spronato a re-inventarmela per dimostrare, soprattutto a me stesso e anche a chi mi stava accanto, che la disabilità non mi poneva dei limiti invalidanti.“
Laura: “A differenza di alcuni anni fa, oggi c’è un inversione di tendenza, non si tiene più nascosto chi vive una disabilità. Ora l’accento non cade più su ciò che non possiamo fare, ma su ciò che possiamo fare convivendo con una disabilità. Quindi il disabile si sdogana, uscendo dallo stereotipo dell’immaginario collettivo. Cambia l’immagine del disabile derelitto ricoperto di cenci e dall’espressione triste e disperata dipinta in viso, finalmente, visto che questa immagine stride e destabilizza, e viene sostituita con una nuova veste, oserei dire emancipata.”
“Anthony: “Esattamente, il disabile è visto come un pacco postale e questo è una convinzione da combattere, quello che ho voluto dimostrare è che siamo persone veramente speciali perché riusciamo, attraverso il potenziamento degli altri quattro sensi, a compensare e ad arrivare ugualmente ai nostri obiettivi. E’ audace affermarlo, lo so, ma sviluppiamo molto anche il sesto senso, (anche se finora non è stato dimostrato scientificamente, esiste), perché lo viviamo e lo sperimentiamo tutti i giorni. Noi disabili vogliamo dimostrare a tutti che un handicap fisico non vuol dire anche ritardo mentale, non siamo persone stupide, abbiamo intelligenza, abbiamo un cuore, abbiamo dei sentimenti, vediamo ugualmente ma in maniera diversa, e abbiamo tanta forza per vivere.”
Laura: “Attento, Anthony! Stiamo dando un’immagine sovversiva di noi stessi, stiamo evadendo dal nostro recinto! – rido – In realtà, la vita molte volte risulta spaventosa per chi vive la disabilità, ma non tutti però vivono nella paura.”
Anthony: “Assolutamente, non tutti vivono nella paura, io l’ho accettata e sto bene nella mia disabilità, perché riesco a percepire quello che non riuscivo a percepire da normovedente. Oggi mi sento una persona realizzata. Sono una persona caparbia, sono un leone dentro e fuori, una roccia. Mi piego ma non mi spezzo e lo scopo che voglio perseguire con impegno è toccare i cuori di quelle persone che purtoppo non riescono a vedere oltre il proprio naso perché accecati dai pregiudizi. Vorrei riuscire a dar loro una scossa, a far loro rivedere le proprie convinzioni e far loro rivalutare la visione distorta che hanno di noi, perché siamo prima di tutto degli individui con una gran voglia di vivere e pronti a dare il massimo come parte di questa società. Purtroppo la maggior parte di noi vive sulla propria pelle le conseguenze atroci di questa discriminazione, la perdita dell’autostima per esempio, ma non tutti siamo uguali e ci sono differenze da soggetto a soggetto. Per quanto mi riguarda ribadisco che le avversità non mi fanno paura, non mi bloccano, tutt’altro: mi danno la forza di combattere con tenacia per dimostrare che sono capace di fare tutto.”
Laura: “Naturalmente, questo dover sempre dimostrare diventa la nostra condanna. Cosa che potremmo evitare se ci fosse sufficiente informazione e una buona dose di educazione civica. Questa lotta ci richiede uno sforzo maggiore, perché rispetto agli altri partiamo già con un segno meno, e questo ci fa spendere una quantità impressionante di tempo e di energia per dimostrare, invece, che quel meno può essere un più.”
Anthony: “Verissimo, Il nostro cervello lavora sempre, non sta fermo neanche la notte, come dico spesso: io non ho un cervello ma un processore Intel i7! Perché devo ricordare tutto, devo ricordarmi dove metto le mie cose e guai se qualcuno della mia famiglia me le sposta. Non posso passare la vita a chiedere a tutti “Scusa dove è finito questo o quello?”, perché voglio essere autonomo, sono io che mi devo organizzare e non devo essere io ad adattarmi a loro, ma è la mia famiglia che deve rispettarmi per contribuire così a rendermi totalmente indipendente. Pensa che molti non si accorgono subito della mia condizione, a volte mi accusano addirittura di essere un falso cieco! Non è che sono un falso cieco, sono soltanto una persona con una forza non indifferente che cerca di essere normale e autonoma.”
Laura: “La retinite pigmentosa (come molte altre patologie oculari) ha diverse fasi, purtroppo inesorabili, e com’ è umano che accada, insieme all’adattamento fisiologico del progredire della malattia, ne conseguono ripercussioni anche sul lato emotivo. Non mi risulta difficile immaginare che avrai toccato tutta la gamma degli stati d’animo possibili: dalla frustrazione all’avvilimento, all’impotenza nei confronti di qualcosa che non è da te controllabile e che non puoi impedire. La depressione è stata presente nella tua vita?”
Anthony: “Si sono entrato in un tunnel depressivo che è durato due anni mezzo, mi sentivo completamente abbandonato a me stesso. Poi grazie a mia moglie, che mi ha spronato forzandomi a fare una scelta o il nostro rapporto poteva dirsi concluso, ho scelto di vivere e di combattere. Ho compreso che restare in quello stato non avrebbe portato niente di utile né a me e né alla mia famiglia. Lei mi ha ricordato com’ero prima della cecità, ovvero caparbio nel conseguire i miei obiettivi. Mi sono rialzato in piedi, dopo aver toccato il fondo, e ne è valsa la pena.”
Laura: “Il nostro è uno Stato che predilige la politica assistenzialista, gli risulta più facile. Con dati alla mano, la metà delle patologie oculari che si sviluppano nella Comunità Europea potrebbero essere curate tempestivamente e risolte tramite un’adeguata campagna d’informazione e di prevenzione. Questo avrebbe come effetto un enorme risparmio, dimezzando l’impatto sulle casse della Sanità pubblica.
Anthony: “Qui tocchiamo un tasto veramente dolente perché credo che noi siamo poco assistiti e tutelati dallo Stato e mi assumo la piena responsabilità di quanto sto dichiarando, perché siamo veramente dimenticati, siamo l’ultima ruota del carro. Le classi che andrebbero tutelate sono le prime a essere inghiottite nei tagli delle logiche politiche ed economiche, siamo considerati solo dei numeri e non delle persone. Io mi aspetterei da coloro che ci dovrebbero tutelare, tipo l’Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti, qualcosa di più, però, purtroppo lo abbiamo verificato, a volte anche loro hanno i paraocchi come molte persone vedenti. Non riescono a vedere oltre perché l’informazione manca e la prevenzione è fondamentale, anche se per le patologie genetiche, come la nostra, il traguardo è sempre lo stesso. Però oggi come oggi, nel terzo millennio, ci sono tante nuove tecnologie a nostro supporto, la scienza va avanti e si potrebbe rallentare il decorso della malattia. Però si pensa solo al Dio denaro, non valutando che dietro a queste patologie ci sono delle persone che soffrono. Oggi, nonostante la mia sofferenza, grazie alla mia forza sto andando avanti, sto cercando di trasmettere il messaggio che è possibile andare avanti e avere una buona qualità di vita. Ogni soggetto, però, è un caso a sé, c’è chi si abbandona alla disperazione e chi reagisce. Invito tutti coloro che sono come noi, non vedenti o ipovedenti, a reagire e a combattere per i nostri diritti, perché in Italia pare che ci siano solo doveri, ma i diritti dove stanno?”
Laura: “Quindi mi stai dicendo che non siamo dei privilegiati?”
Anthony: “Assolutissimamente no, anzi lo posso affermare portando la mia esperienza personale: l’Inps che cosa fa a un soggetto affetto da retinite pigmentosa, di cui si conosce benissimo l’iter? Lo fa soggetto a revisione! Cosa si aspetta? Il miracolo? E’ uno spreco di tempo e di denaro! Perché una persona affetta da retinite pigmentosa o dalla malattia di Stargardt, non può migliorare. La sua disabilità quella è e quella rimane, se perdi la vista quella non torna più, quindi perché sprecare del denaro pubblico in questo modo? Parliamo di tagli alla Sanità e sperperiamo denaro pubblico in cose assurde, con dei paradossi allucinanti. Se l’Inps crede ancora nei miracoli ben venga, sarei felice di abbandonare la mia pensione assieme alla mia disabilità e ritornare a essere un normale vedente. Non ho scelto io di essere non vedente.”
Laura: “Anthony un’ultima domanda, che cosa sogni per la tua vita?”
Anthony: “Non sogno il successo, e tra l’altro quello che ho avuto fino a oggi non me l’aspettavo davvero. Sogno una vita serena, una società dove sia possibile amarsi per quello che si è e si possa apprezzare le persone diversamente abili per quello che hanno e non per quello che non hanno. Quando sento la parola handicappato mi dà un po’ fastidio perché per me il vero handicap è l’ignoranza, il peggiore degli handicap. Io sono un diversamente abile, non ci vedo, ma ho tutte le altre funzioni al top del top.”
Laura : “E con questo per ora vi lasciamo, ringrazio lo chef Anthony Andaloro per la sua preziosa testimonianza. Che dici, Anthony, ce lo facciamo un brindisi?”
Anthony: “Con grande piacere, brindiamo a noi e a tutti voi con una fantastica Malvasia.”
Arrivederci a presto da “Tu con miei occhi”, vi ringraziamo per averci dedicato un po’ del vostro tempo.
Questa settimana gli autisti di autobus a Blackwood hanno avuto un assaggio di come è la vita per le persone con disabilità visive, scambiandosi di ruolo con i loro passeggeri.
A Stagecoach nel Galles del sud, la Sight Cymru e la RNIB Cymru, hanno collaborato insieme per organizzare un evento speciale. “Scàmbiati con me” è un progetto mirato a costruire una migliore comprensione tra i conducenti e gli utenti di autobus, presso il deposito degli autobus di Penmaen Industrial Estate.
I conducenti sono stati bendati per sperimentare cosa si prova ad individuare e a salire su un autobus con la perdita della vista, e a sua volta gli utenti di autobus ipovedenti, hanno imparato a conoscere le sfide della comunicazione con i clienti dal posto di guida. Gli autisti di autobus hanno anche potuto sperimentare le difficoltà degli utenti attraverso dei simulatori, che riproducono i diversi tipi di patologie oculari.
Nel corso di ’Scàmbiati con Me’ gli autisti degli autobus sono stati messi in coppia con un passeggero non vedente o ipovedente, in modo da poter parlare di come si sentono e quali consigli possono essere condivisi.
Photo by Caio Iwan
Ms Laurent ha detto: “Oggi è stata una buona occasione per condividere ed aiutare i conducenti a comprendere quanto sia difficile per i non vedenti, sperimentando attraverso l’esperienza, a riuscire a trovare un posto a sedere sul bus.”
“Quando si chiede aiuto, si sta dando una responsabilità al conducente. Bisogna guardare la cosa dal punto di vista del guidatore, che magari non vuole essere responsabile nei confronti di qualcuno. “
Angela Knowles, Development Manager per la Cymru Sight, ha dichiarato: L’evento ” Scàmbiati con me” è un ottimo modo per promuovere una reciproca comprensione delle sfide reali incontrate dai passeggeri e gli autisti di autobus.”
A Elaine Waters fu diagnosticata la malattia di Graves nel 2008, in seguito perse gran parte della sua vista. La sua arte, ha contribuito a far fronte e ad adottare un atteggiamento positivo, verso i cambiamenti della sua vita.
Poco più di cinque anni fa la make-up artist, Elaine Waters, aveva una vita sociale attiva e amava la sua carriera. Organizzava eventi per L’Orèal e Lancome contribuendo ad aumentare l’autostima nelle donne, truccandole per gli eventi speciali e insegnando loro come applicarli.
Le cose sono cambiate nel 2008, quando questa signora residente nella penisola di Te Atatu (Nuova Zelanda) fu colpita dalla malattia.
Diventò quasi completamente cieca, perse anche i contatti con i suoi amici e ad un certo punto contemplò anche il suicidio. Ma l’amore per i suoi due figli e un ritrovato talento per l’arte, le hanno permesso di andare oltre.
Per il suo 40 ° compleanno i genitori di Elaine Waters, insieme ai suoi figli, organizzarono una mostra delle sue opere in casa loro. Fu invitata e partecipò anche, la proprietaria della Abundance Art Gallery, Maryann Pennington, che ne rimase colpita e accettò di esporre alcuni dei suoi lavori.
Dopo un riscontro col pubblico entusiasta, Ms Waters sta ora pianificando la sua prossima mostra presso la galleria della penisola di Te Atatu nel mese di luglio e spera di ispirare altre persone che sono anche loro alle prese con problemi di salute.
Ms Waters ha subìto tre mesi di indagini mediche e analisi strumentali prima che le fosse diagnosticata la malattia autoimmune chiamata sindrome di Graves, dovuta a un’ iperattività della tiroide, sviluppata dal diabete. “I medici pensavano che stessi avendo un crollo mentale, ero così traballante.” “Allora i miei occhi cominciarono a diventare doloranti, il mio occhio sinistro ha iniziato a gonfiarsi al di fuori della testa.” I medici hanno dovuto intervenire sull’osso di entrambe le orbite per alleviare in parte la pressione dietro agli occhi, ma i nervi sono stati danneggiati e la maggior parte della vista se n’era già andata.
“Quel che riesco a vedere si può paragonare ad uno specchio rotto. Si ottiene un’idea generale, ma l’immagine è come riflessa dappertutto, come in un caleidoscopio”, dice.
Perse anche la vicinanza e le visite degli amici perché non sapevano come confrontarsi con la sua malattia. “Ho pensato al suicidio, ma non l’ho fatto solo per il puro amore dei miei figli”, dice.
Ms Waters cercò in sé nuove risorse per aiutarsi a far fronte a questa nuova vita, la trovò attraverso l’arte, cominciò a produrre piccole sculture e dipinti. “Il mio lavoro di quel periodo, riflette esattamente come mi sentivo in principio, era molto buio.”
Ms Waters, che è originaria della Scozia, per realizzare le sue opere, utilizza molti dei suoi vecchi strumenti del mestiere di truccatrice, tra cui gli smalti, matite e ombretti mescolati con la colla per fare la vernice.
“Il trucco è la mia arte e la sto tuttora esprimendo, non più su una faccia, ma su un pezzo di carta.”
Consigli di ms Waters: “Per le persone che stanno cambiando la loro vita attraverso una malattia: “Consiglio di non essere troppo duri con sé stessi. Accettarsi per quello che sta succedendo. Io non mi sono accettata per lungo tempo, e non appena l’ho fatto, mi sono sentita libera.”
La signora Pennington della galleria d’arte, dice che i lavori di Ms Waters sono notevoli da un punto di vista artistico.
“Essere un artista del make-up, le ha permesso di recuperare l’abilità che aveva prima che si ammalasse..”
Dopo aver perso la vista in età avanzata (43), Elaine Waters ha dovuto imparare a vedere in modo diverso.
Nonostante sia quasi completamente cieca, Elaine Waters vede ancora la bellezza nella vita di tutti i giorni. I suoi tacchi alti battono il tempo insieme al lungo bastone bianco, che, in cerca di guai, sfiora per terra disegnando un arco basso.
Se segui lo stelo del bastone sottile fino a superare lo smalto nero delle unghie di Elaine Waters, vai oltre il tatuaggio sull’avambraccio dell’ultimo disegno abbozzato da lei in ospedale, arrivi poi fino a quegli occhi brillanti, con un accenno di mascara.
“Non sembri cieca,” la gente dice a questa madre di due ragazzi di Auckland , che ha perso la vista, sette anni fa in seguito a un effetto collaterale di una malattia autoimmune.
“Non sembri stupido, ma lo sei”, vorrebbe ribattere, nel suo ricco accento scozzese. “La mia domanda al mondo è: “A che cosa dovrebbe assomigliare un cieco?”
La Waters è stata una sana e felice madre che lavorava come truccatrice per Lancome, quando all’improvviso la sua visione del mondo è andata letteralmente in frantumi. Un attacco di panico in un caffè di Wellington ha segnato l’inizio di un incubo. Poi i suoi occhi cominciarono a gonfiarsi al di fuori dalla sua testa. Prima il sinistro e poi quello destro.
Le è stata diagnosticata la malattia del morbo di Graves Basedow, provocata dalla sua tiroide iperattiva. I chirurghi hanno inciso le sue orbite per alleviare la pressione, ma il danno era già stato fatto. Il gonfiore aveva schiacciato il nervo ottico e danneggiato i muscoli oculari. Improvvisamente la sua vista è diventata un caleidoscopio senza sosta , una sorta di distorsione cubista, tutti gli angoli come schegge taglienti.
“Nel giro di due o tre settimane sono passata da essere perfettamente vedente ad essere legalmente cieca”, ricorda la Waters.
Nella sua casa, lei sapeva esattamente dove tutto era sistemato, ma il più piccolo dei compiti, come la cucina, era diventato un calvario estenuante.
“E ‘stato così difficile. Sapevo come fare. Sapevo come era fatto un piatto, ma c’erano un milione di pentole, volevo afferrare il manico, ma il manico non c’era.”
“Perdere la propria indipendenza è stato più devastante del non essere più in grado di vedere. C’erano un sacco di tempi bui, un sacco di frustrazione, e un sacco di volte, ho avuto l’impressione che qualcuno non capisse quello che stavo passando. Ma proprio l’amore puro dei miei figli mi ha fatto desiderare di fare meglio e conquistare il giorno dopo. “
Ci sono voluti circa quattro anni per la Waters, per accettare tutto questo. Ora lei si meraviglia di quanta strada abbia fatto e tutto sembra così lontano.
Dentro le mura, la punta delle dita sfiorano le pareti come antenne per cercare un passaggio sicuro, la sua mente traccia una mappa mentale. All’esterno, il bastone bianco diventa i suoi occhi. Quando le fu presentato, scoppiò in lacrime. Ora per lei è sinonimo di libertà.
Lei conosce la strada fino al supermercato o la farmacia nella piccola Te Atatu, ma per arrivarci può sembrare un compito immane.
Conta anche i 150 passi che la separano dalla casa di sua sorella, il bastone bianco batte ed intercetta da un lato all’altro per sentire gli ostacoli, la pendenza e la consistenza del terreno. Colpire con il bastone il dissuasore anti-parcheggio, è l’unico modo per sapere quale della serie di versioni che sta vedendo, è quella reale.
Il suo naso, lavora tantissimo, molto di più: il delizioso profumo di lievito del panificio, la farmacia odora di profumi, l’aria fuori dal bar che fa cibo da asporto, è densa del profumo di olio fritto.
Anche ora, attraversare la strada rimane un compito orribile. Un dosso si estende senza interruzione dal percorso pedonale, lei si ferma appena prima del bordo, sentendo col bastone il cambiamento della strada dal pavimento liscio all’angolo del dosso artificiale. Una macchina rallenta e conta 18 passi per attraversare e raggiungere l’altro lato.
A sua volta al supermercato, naviga per il negozio utilizzando una mappa mentale: terza corsia giù, secondo ripiano su, nel mezzo. Talvolta, la sua mappa fallisce, quando cambiano le corsie e la disposizione dei prodotti. C’è la farina di sago , nella dispensa di casa, che nessuno sa cosa farne. E poi c’è stato il momento in cui ha ordinato online 20 scatole di fagioli al forno, invece di due.
“Mio figlio pensa che sia abbastanza divertente quando torno a casa con tutte queste cose scelte a caso per cercare di farne un pasto “ Dice la Waters ridendo.
Ma soprattutto, ha imparato l’indipendenza. Lhasa Apso Skye è il nome del suo cane guida non ufficiale. Lei lavora per l’azienda di sua sorella Modica come ricercatrice e assistente esecutiva. Può lavorare da casa, ma ama anche andare in ufficio in città, con il suo trucco a posto e i suoi tacchi alti che il suo allenatore della mobilità le ha raccomandato di non indossare mai.
Va anche in palestra, dove può passeggiare sul tapis roulant, chiudendo gli occhi e facendo finta di essere in spiaggia.”Non c’è rischio di cadere, di inciampare, né di sbattere contro qualcuno. Posso solo camminare per miglia. E’ così bello.”
“Le persone spesso mi chiedono se sarebbe stato più facile se fossi nata cieca. Forse, ma non voglio scambiare i preziosi ricordi di figlio Jimmie, ora di 22 anni e la figlia KDee, di 19. Jimmie e la sua compagna vivono insieme con la Waters e cucinano loro la maggior parte delle volte.
Quei ricordi visivi la aiutano a decodificare il mondo che ora le sta di fronte.
“E’ come mettere insieme i pezzi di un puzzle: un ricordo, quello che sto realmente vedendo, quello che penso che possa essere simile. Metto insieme tutte queste tre cose per creare un’immagine di quello che sta succedendo.”.
Ci sono ancora dei giorni cattivi – quando ti fregano o tassisti che ci mettono 30 minuti per un viaggio di cinque minuti. “Sono cieca, non stupida.”
Ma lei sente di aver finalmente chiuso il cerchio, riscoprendo il suo sole, il suo io sociale.
“Mi manca quello che avevo prima, ma ad essere onesti la mia vita ora è bella e non sono mai stata in pace con me stessa quanto lo sono ora. Quando si perde uno dei nostri sensi, quello che ho constatato è che gli altri sensi si sono potenziati.
“Ma è davvero il mio intuito, il mio istinto quello che conta. Quando mi capita di incontrare delle persone le posso calibrare “Sì, voglio dare a questa persona un po’ di tempo” oppure ” No, forse è meglio di no”. Quindi, anche se non riesco a vedere , posso effettivamente vedere molto di più sul mondo in cui vivo. Può essere molto più piccolo, ma le cose che posso vedere e dedicare il mio tempo per guardarle sono ugualmente cose belle. “
Dopo aver perso la vista in età avanzata, Elaine Waters ha dovuto imparare a vedere in modo diverso.
PER L’ARTICOLO ORIGINALE E LA VIDEO INTERVISTA di ELAINE CLICCARE QUI
Ecco alcune video risposte conseguenti alla puntata dell’Arena condotta da Massimo Giletti sui falsi invalidi. Fare disinformazione allo scopo di fare audience, creando un clima di sospetto nell’opinione pubblica, a nostro discapito, compromette la nostra personale e libera espressione di ipovedenti.
In questa pagina: video di Simona Caruso (con lettera a seguire) e video di Patrizia Faccaro
https://www.youtube.com/watch?v=EIqmuCGdvR0
Video di Simona Caruso
Carissimi,
volevo proporvi la mia storia. Da un mese a questa parte, anche in seguito alla messa in onda di trasmissioni televisive nelle quali si parlava di falsi invalidi, ed in maniera falsa e faziosa dei presunti “falsi ciechi”, attaccando ripetutamente la legge 138, ho deciso di impegnarmi per diffondere la giusta informazione e sensibilizzare i normovedenti, e perché no, anche i conduttori televisivi, sul tema della disabilità sensoriale visiva, e sulla validità della legge 138 dell’Aprile 2001 che di fatto ci tutela. Il mio obiettivo quindi, è quello di sensibilizzare ed informare attraverso il mio impegno.
I normovedenti ovviamente ignorano il fatto che vi possono essere diversi modi di vedere e non vedere. Ignorano che una persona pur essendo cieca totale perché ha un campo visivo molto ristretto, può essere in grado di leggere un testo scritto. Ovviamente non potrà avere il senso di insieme di tutta la pagina e leggerà una parola per volta, ma riuscirà lo stesso a leggerla. I normovdenti e le trasmissioni popolari che vanno in onda in TV vogliono far credere che una persona non vedente in grado di leggere è un falso cieco. La realtà è più complessa e molto più delicata. Una persona affetta da retinite pigmentosa, come me, ha imparato nel corso dell’evoluzione della malattia, ad adoperare tutti gli altri sensi, ad acuire l’udito il tatto e l’olfatto e pur con un campo visivo molto ristretto può riuscire benissimo a percorrere dei tragitti di strada che percorre da sempre e che ha imparato a conoscere bene. La posizione dei gradini, i pali, le porte…
La disabilità sensoriale visiva comporta molte problematiche nelle modalità di rapportarci alle persone, comporta ansia e stress anche nell’accettazione della malattia da parte di persone più fragili. La degenerazione lenta e progressiva ci fa spesso rischiare grosso, specialmente quando ci troviamo per strada con la voglia e la caparbietà di chi non vuole arrendersi a perdere quel poco di autonomia e indipendenza! Cerchiamo (parlo al plurale perché sono tante le persone che collaborano alla realizzazione di “vera informazione”) di diffondere video, link e documenti utili che troviamo su internet. Ci sono molti video interessanti su youtube realizzati da persone davvero in gamba da ogni parte del mondo, che spiegano con molta semplicità ma validità, i diversi modi di vedere e percepire il mondo. Cerchiamo inoltre di dare maggiori informazioni e chiarimenti sulla legge 138 e le diverse classificazioni che vanno dall’ipovedente lieve al cieco assoluto.
L’unico modo che abbiamo per rispondere alle false accuse da parte, spesso, della tv pubblica, è l’informazione, il nostro coraggio e la determinazione. E confidiamo perciò nella vostra disponibilità e spero possiate pubblicare questo mio articolo perché è tanto il mio impegno e le mie speranze!
Simona Caruso
Per evitare di essere goffi e impacciati con le persone che presentano delle disabilità, i protagonisti del video ci racconteranno con ironia come, molto spesso, non si sappia interagire con le persone disabili.
Prima scena: due persone disabili si trovano dentro un ascensore. Entra un collega di lavoro. La persona sulla sedia a rotelle saluta il nuovo arrivato: “Buongiorno Bob!” A sua volta il nuovo arrivato risponde al saluto, gesticolando con fare impacciato, “Buongiorno allora, grand’uomo!” poi rivolgendosi alla ragazza non vedente le urla “Buongiorno Alice!”
Voce fuori campo: “Come molti di noi, Bob non sa come interagire con le persone con disabilità”
Ragazzo sulla sedia a rotelle: “E’ molto facile, in realtà le persone disabili sono persone prima di tutto.”
Ragazza non vedente: “Abbiamo bisogno di tutto ciò di cui chiunque abbia bisogno, come il rispetto”
Scena durante una riunione in ufficio, entra un superiore sulla sedia a rotelle dicendo: “Buongiorno a tutti”
Tutti i presenti da seduti si alzano in piedi e sull’attenti dicono: “Attenzione!”
Rumore: stridio di una puntina su disco in vinile
Cambio di scena e un ragazzo dice: “Ok…forse dobbiamo essere più specifici”
Cambio di scena: Ragazzo su una sedia a rotelle su un campo da basket: “Il modo migliore di mostrare rispetto è concentrarsi sulla persona, non sulla sua disabilità. E’ tutto ok, ti ci abituerai.”Lanciando una palla facendo canestro dalla sua carrozzella.
Un’ interprete del linguaggio dei segni, traduce a voce quello che un ragazzo sordo muto sta dicendo: “Un modo semplice per concentrarsi sulla persona è guardare la persona che parla col linguaggio dei segni, e non il suo interprete.”
Scena dove due persone si stringono la mano all’altezza del viso della persona sulla sedia a rotelle: “E non considerare solo il suo interprete o il loro compagno/accompagnatore”
Scena dove una donna che deambula con le stampelle si appresta ad aprire una porta, una persona pensando di aiutarla apre la porta a sua volta facendola cadere per terra: “E’ molto carino che tu voglia aiutare, ma fai un favore ad entrambi e chiedimelo prima. ciò che pensi possa aiutare potrebbe non aiutare affatto”
Ragazza non vedente: “Se vuoi offrirmi il tuo aiuto fammi tenere il tuo braccio (sopra il gomito), non prendere il mio” Un ragazzo offre il suo braccio “Hey, vuoi prendermi il braccio?” “Sicuro!”
Ragazzo su una sedia a rotelle: “I dispostitivi d’assistenza di cui disponiamo, ci aiutano a vivere le nostre vite, sono molto importanti ed estremamente personali e afferrarli è fuori luogo” Un collega di lavoro sentendo volare una mosca afferra una stampella della persona disabile e la sbatte sulla scrivania per ammazzare la mosca.
Donna non vedente insieme al suo cane guida: “Per favore tocca i nostri ausili o i nostri animali di servizio, solo se ti abbiamo dato il permesso e non prendertela personalmente se ti chiedo di non farlo,ricorda che il mio animale mi aiuta costantemente, e a nessuno dei due piacerebbe se venissimo separati.”
Ragazzo sulla sedia a rotelle: “Ricorda che prendiamo le nostre decisioni in modo indipendente firmiamo documenti, votiamo, facciamo volontariato , lavoriamo e paghiamo le tasse.”
Coppia seduta sulle scale: “Ci sposiamo”
Ragazzo con berretto universitario: “Quindi non sottovalutarmi solo perché ho un sorriso splendido”.
Persona alla reception urla alla ragazza non vedente “Posso esserle utile ?” Lei risponde “Solo perché sono cieca non vuol dire che sia sorda”
Ragazzo sordomuto col linguaggio dei segni: “Solo perché sono sordo non vuol dire che io sia cieco”
“Solo perché uso una sedia a rotelle non vuol dire che non possa farti mancare la terra da sotto i piedi.”
“Quindi fai un respiro profondo , rilassati , non mordiamo!”
Un ragazzo mordendo un panino: “A meno che non abbia molta fame”
“E se non sai cosa fare chiedi e basta”
Ragazza non vedente al Bar, un cameriere le chiede: “Vuole vedere il menu?”
Ragazza non vedente: “No grazie, me lo può leggere per favore ?”
Cameriere: “Certo, senz’altro”
“Trattaci come vorresti essere trattato e andrà tutto bene !”
Ritorno sulla scena iniziale dell’ascensore: Bob entra e saluta tutti in maniera naturale e spontanea.
Voce fuori campo: “Non più imbarazzo, Hai fatto un buon lavoro Bob!” Fine del video
*Questo video è stato concepito, prodotto e pubblicato dall’Office of Disability Rights di Washington Dc. La mission dell’Ufficio che si occupa dei diritti dei disabili (ODR) è quella di garantire che i programmi, servizi, prestazioni, attività e strutture gestite o finanziati dal Distretto della Columbia (USA) sono completamente accessibili a, e utilizzabili da persone con disabilità. ODR è impegnata in progetti che mirano all’inclusione, servizi basati sulla comunità, e l’autodeterminazione delle persone con disabilità. L’ODR è responsabile della supervisione dell’attuazione degli obblighi della Città sotto l’Americans with Disabilities Act (ADA), così come da altre leggi sui diritti dei disabili.
Derek Rabelo, è un surfista cieco brasiliano, e sta facendo quello che pochi pensavano che un cieco potesse fare. Nato con un glaucoma congenito, Rabelo non ha mai visto il volto di sua madre. E nonostante senta il suono delle onde che si infrangono, dalla sua casa di Guarapari, in Brasile, non ha mai visto come si presenta un’onda. Il padre di Rabelo, Ernesto, comunque, non ha visto la disabilità del figlio come una scusa per sedersi sulla sabbia. Sin da bambino gli è stata consegnata una tavola da bodyboard e una volta diventato adolescente, il ragazzo diventa alle Hawaii una leggenda del Surf, sfidando ogni previsione, la storia del surf.
“Ho iniziato quando avevo 17 anni. Mio padre mi ha fatto una tavola da surf, mi portò al mare e cominciò a insegnarmi “, racconta Rabelo.
“Mio padre è un surfista, mio zio è un surfista professionista, il surf è nel mio sangue e sono sempre stato vicino al mare.”
Rabelo irrompe sulla scena del surf quando i filmati su di lui diventano virali. Da allora ha numerosi sponsor, ha fatto un documentario ‘Beyond Sight’, ha incontrato e navigato con artisti del calibro di Kelly Slater e Joel Parkinson, e ha passato le giornate surfando in tutto il mondo e condividendo la sua incredibile storia.
Come fa un cieco a surfare?:
“Ho sempre nelle vicinanze un amico o mio papà con me che mi dicono che cosa sta succedendo. Dopo di che tutto è ascolto e “sentire”. Solo un surfista conosce questa sensazione “, ha detto Rabelo.”Dovremmo tutti credere in noi stessi e inseguire i nostri sogni”, ha detto Rabelo.
Il 22enne la fa sembrare facile, ma il surf per un cieco è qualcosa che pochi potevano credere fosse possibile. Una di queste persone è Ironman Kendrick Louis, che faceva parte di un gruppo di atleti australiani e surfisti professionisti che hanno gareggiato con il brasiliano a Manly Beach. Louis è rimasto sbalordito da ciò che stava vedendo.
“Ti preoccupi per il ragazzo, perché non può vedere cosa succede, ma tutto a un tratto si alza in piedi e naviga via meglio di quanto si possa credere,” dice Louis. e aggiunge: “Quando mi alleno e sto pagaiando sulle mie tavole, tento di andare per circa cinque metri con gli occhi chiusi, ma senza la vista si perde l’equilibrio in modo rapidissimo.
“Penso che si apra davvero un’opportunità per le persone con disabilità. “Ha ispirato così tante persone.”
Rabelo non racconta ancora tutto però.
Quando non è intento a perseguire il suo prossimo obiettivo nella conquista delle onde letali di Jaws nelle Hawaii, Rabelo si trova a strappare l’asfalto praticando lo sport dello skateboard, e quest’anno spera di dominare anche sullo snowboard.
Non c’è molta neve dove vive Rabelo, ma se essere ciechi non è stato un ostacolo finora, non sarà la mancanza di precipitazioni nevose del Brasile ad impedirgli di raggiungere un’altra impresa apparentemente impossibile.