Perché il Bastone Bianco

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Articolo originale di  Maria Luisa Gargiulo
In un periodo rivolto anche ai disabili visivi, E’ strano parlare di bastone bianco, visto che per noi tutti, dovrebbe essere, uno strumento tanto usuale quanto scontato.

Invece purtroppo non è così: alcuni di noi non lo utilizzano affatto, altri lo fanno con modalità improprie, non sfruttandone appieno le potenzialità. Altri ancora, sono alle prese con le resistenze sociali e familiari legate a questo ausilio.
Il bastone bianco è uno degli strumenti fondamentali per la mobilità autonoma. Un minorato della vista che voglia spostarsi da solo, ha bisogno di farlo con il bastone bianco e specificamente con quello lungo.

Le funzioni del bastone che ci aiutano ad essere autonomi sono:

In primo luogo il bastone bianco, se opportunamente utilizzato, garantisce un’ alta sicurezza rispetto alle fonti di pericolo, e lo fa in due modi fondamentali di cui uno attivo e l’altro passivo.

Il modo “attivo” consiste nella possibilità da parte del non vedente o dell’ipovedente, di percepire gli ostacoli prima che essi vengano a contatto col suo corpo.
Per ostacoli non intendo soltanto possibili corpi che ci possono essere sul nostro cammino, ma anche ostacoli negativi ossia mancanza di qualcosa come dislivelli, buche, fossi, scale sia a scendere che a salire.

Perché il bastone esplichi correttamente, questa sua funzione attiva di rivelatore delle fonti di pericolo, occorre usarlo in modo corretto, ossia occorre impugnarlo e muoverlo in modo da garantire il massimo della copertura del nostro corpo posto al riparo dal bastone. Oltre a ciò il movimento deve garantire la massima esplorazione possibile della superficie sulla quale verranno a posizionarsi i nostri piedi durante la marcia.

Per muovere ed impugnare il bastone esistono modi giusti e modi sbagliati, ma in questa sede, non ci occuperermo di come usarlo.

La “funzione passiva” che il bastone svolge in fatto di sicurezza riguarda la comunicazione chiara ed inequivocabile che chi lo porta, dà alle altre persone.
Infatti far sapere a chi ci cammina di fronte o a chi intralcia la nostra strada, che noi abbiamo dei problemi visivi, ci garantisce contro tutti i comportamenti involontariamente dannosi da parte delle altre persone.
Per fare un esempio banale: quando si cammina per strada a piedi e due persone vengono da direzioni opposte, in genere esse sono solite spostarsi reciprocamente un poco ciascuno, per garantirsi il passaggio senza urtarsi. Ma se noi non siamo in grado di vedere la persona che ci sta venendo incontro, certamente non ci sposteremo, questa persona, però, penserà invece che lo faremo certamente. e si sposterà quindi solo un po’.
Capita puntualmente, che lo scontro avvenga e l’altro si infastidisca sia per l’urto e sia a causa del nostro comportamento, che giudica quanto meno sbadato, se non sfrontato.
Con un bastone bianco in mano, le cose cambiano radicalmente: la persona che ci sta venendo incontro, si scosterà sufficientemente in modo da non urtarci mentre passa e noi, senza neppure accorgercene, avremo evitato un piccolo spiacevole incidente.

Sempre in tema di sicurezza passiva, il codice della strada assegna al pedone munito di bastone bianco dei privilegi particolari. Egli infatti ha sempre la precedenza negli attraversamenti e le auto, anche in assenza di strisce pedonali o semaforo, debbono fermarsi comunque al suo passaggio.
Con questo, non si vuole affatto dire che per un pedone con bastone bianco, attraversare a caso, senza sapere se è il suo turno, sia qualcosa esente da rischi. Molte volte infatti, è impossibile per le automobili fermarsi in tempo quando il guidatore non si aspetta di incontrare una persona sulla sua strada, ma certamente saremo oggetto di qualche attenzione maggiore ed abbiamo qualche diritto in più in termini di regolamento.

Oltre ad una funzione rivolta a garantire la sicurezza, il bastone serve anche per poterci aiutare da un punto di vista percettivo. Quando gli istruttori di orientamento e mobilità dicono che “il bastone rappresenta il prolungamento del braccio” non scherzano affatto.
Questa frase infatti sta a significare che il bastone bianco può avvicinarci alla condizione del bambino che, gattonando per terra, esplora gli oggetti attorno a se. Naturalmente se davvero toccassimo con le mani per terra, potremmo godere di una quantità di informazioni tattili infinitamente maggiori per il semplice fatto che la raffinatezza delle sensazioni offertaci dai polpastrelli e la possibilità di manipolare ed esplorare con le dita e con il palmo ciò che tocchiamo, ci sono precluse usando il bastone.
Ma, pur con le limitazioni del caso, ugualmente ci sono molte cose che possiamo sapere esplorando con il bastone, e queste informazioni sono molto utili per il nostro orientamento e la nostra autonomia.
Ad esempio, camminando lungo il marciapiede, il mio bastone incontra un abbassamento brusco del livello del suolo. Cos’è: una buca, la fine del marciapiede o qualcos’altro?
Mi posiziono, tenendo i piedi sulla parte di pavimento ancora in piano, in modo da toccare questo dislivello. Sento che il pavimento finisce con un taglio netto. Allora non è una buca. E’ forse il gradino a scendere che annuncia l’inizio della strada carrabile?
Non mi pare; anche perché allungando ed abbassando leggermente il braccio e quindi sporgendo in basso la punta del mio bastone, sento che subito dopo questo dislivello non c’è una superficie piana ma ve ne è un altro. I due tagli dei dislivelli sono paralleli, lo sento facendo slittare l’ultimo segmento del mio bastone da destra a sinistra e viceversa.
Questo indubbiamente è l’inizio di una scala in discesa! E’ proprio quello che cercavo, mi posiziono in modo corretto ed inizio a scendere.
Gradino per gradino, senza fermare la mia discesa, il mio bastone mi avverte della continuazione della scala, del fatto che i gradini hanno un’alzata ed una pedata sempre uguali e che la scala poi finisce in un pianerottolo. Queste informazioni mi servono per calibrare il mio passo ed i miei movimenti, ed io cammino senza né cadere né andare a sbattere da qualche parte.
Il bastone, abbiamo visto, è un segnale ed uno strumento nello stesso tempo. Ma non è solo e soltanto questo: é qualcosa che serve a renderci più autonomi, sicuri e liberi.
Purtroppo ci sono situazioni in cui il bastone bianco, è visto come qualcosa di cui vergognarsi, per qualcuno di noi il bastone è  un segno di diversità negativa, di debolezza, di umiliazione sociale.
Tante famiglie, e non stiamo parlando solo di bambini, sono molto refrattarie e non accettano che il loro congiunto usi questo ausilio. Questo succede il più delle volte quando non si vuol rendere “visibile” la minorazione, perché ad essa sono ancora associati significati negativi e di inferiorità.
Il problema della famiglia di accettare questo strumento, può essere a volte indice della difficoltà ad accettare lo status stesso di minorato visivo, con tutti i bisogni e le necessità che ne conseguono.
Altre volte, più fortunatamente, si tratta soltanto di una carenza informativa; per cui non viene promosso l’uso del bastone perché non se ne conosce l’utilità.
Da questi problemi di accettazione o di scarsa informazione derivano, o possono derivare, altrettanti problemi personali del soggetto possibile utilizzatore, che si abitua a fare senza bastone, o peggio, a non fare affatto.
“io non uso il bastone perché non mi serve, dato che vado sempre in giro accompagnato”, mi sento spesso dire. ma è anche vero che questo scatena un circolo vizioso “..dato che non uso il bastone vado sempre accompagnato”.
Lasciando perdere se sia nato prima l’uovo o la gallina, ossia nella fattispecie, se non si usi il bastone perché si ha un accompagnatore a disposizione, oppure se ci si procuri un accompagnatore perché non si è in grado di andar da soli, le cose sicuramente offrono poca possibilità di scelta autonoma al nostro ipotetico amico.
Il passaggio da certi circoli viziosi ad altri più virtuosi, a volte è meno difficile di quello che si teme. Riuscire a muoversi da soli, iniziando da situazioni facili e per niente rischiose, rende capaci di osare di più, di apprezzare i propri progressi ed il fatto in se stesso di esserci riusciti. La soddisfazione in questo caso è madre della motivazione a migliorarsi.
Pian piano si scopre che tutto sommato è anche divertente andar da soli e che la compagnia delle altre persone può diventare una piacevole scelta ,e non essere sempre una necessità.
L’autonomia nell’uso del bastone bianco ha anche alcuni aspetti sociali e relazionali facilmente prevedibili, se solo ci si pensa un attimo.
Nelle relazioni con gli estranei avere un bastone bianco ed essere senza accompagnatore equivale spesso ad una richiesta esplicita che facciamo all’altro di adeguarsi alle nostre esigenze comunicative.
Ad esempio, se entro da sola in un negozio con il mio bastone, il commesso, una volta arrivato il mio turno, si rivolgerà a me facendomi capire che posso chiedere ciò che voglio comprare, mi mostrerà la merce e sarà per me abbastanza facile chiedergli le cose che vorrei sapere e che lui non mi ha detto; come, ad esempio, di che colore è, di che taglia è e quanto costa il maglione che sto toccando. Paradossalmente la dichiarazione esplicita del mio svantaggio si è trasformata in un certo vantaggio.
Cosa sarebbe successo se fossi entrata nello stesso negozio magari avendo già ripiegato il bastone nella borsetta?
Innanzitutto avrei dovuto scervellarmi per capire se e quando fosse il mio turno, visto che il commesso, una volta terminato con l’ultimo cliente, avrebbe certamente aspettato che io dicessi qualcosa. Non parlare da parte mia sarebbe stato inteso come un segno di indecisione o di distrazione e magari ne avrebbe potuto approfittare colui che, essendo entrato dopo di me, si sarebbe inserito scavalcandomi.
A parte l’ansia che la situazione avrebbe generato, nessuno mi avrebbe detto le cose per me utili. Risposte per me incomprensibili come ” signora, lei parla di quel maglione li? ” oppure ” i colori disponibili sono tutti quelli esposti in quello scaffale”, sarebbero state molto probabili.
Ecco che la dignità e l’utilità pratica di questo che in fondo è solo uno strumento, viene fuori chiaramente.

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Disabilità nascoste: Che significato hanno i laccetti girasole

Foto: il mio cordino con i girasoli con porta carta di imbarco
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Senza un segnale visivo, può essere difficile per gli altri identificare, riconoscere o comprendere le sfide quotidiane affrontate dalle persone che vivono con una disabilità nascosta.
Una disabilità nascosta è una disabilità che potrebbe non essere immediatamente evidente, perchè non tutte le persone con problemi di mobilità utilizzano una sedia a rotelle, non tutte le persone con disabilità visiva utilizzano il bastone bianco e non tutte le persone con disabilità uditive utilizzano un apparecchio acustico.

Vivere con queste condizioni può rendere la vita quotidiana più impegnativa per molte persone. Colpiscono ogni persona in modi diversi e possono essere dolorosi, estenuanti e isolanti. Senza prove visibili della disabilità nascosta, è spesso difficile per gli altri riconoscere le sfide affrontate e, di conseguenza, la simpatia e la comprensione possono spesso essere scarse.

Non tutte le disabilità sono visibili ed è chiaro che un segnale sottile come il laccetto girasole può fare una grande differenza nel fornire fiducia e rassicurazione a chi lo indossa. Indossando un laccetto girasole, le persone con disabilità nascoste, possono segnalare agli altri intorno a loro, che potrebbero avere ulteriori esigenze.

Conosciuto all’estero come “Sunflower Lanyard”, questo laccetto è usato per aiutare con discrezione le persone che ne fanno richiesta: infatti il laccetto girasole permette al personale aeroportuale di riconoscere una necessità particolare e di prestare aiuto o di essere pronto a concedere un po’ di tempo in più al passeggero che lo indossa e ai suoi accompagnatori.

Nel 2016, l’aeroporto di Gatwick ha lanciato il primo laccetto nel suo genere per i passeggeri con disabilità nascoste che potrebbero richiedere un supporto aggiuntivo durante il viaggio attraverso l’aeroporto.

In Italia presso l’’ aeroporto di Venezia i passeggeri con disabilità invisibili, o gli accompagnatori di passeggeri con disabilità invisibili, possono chiedere uno speciale laccetto con i girasoli da indossare all’interno dell’  aeroporto.

Il laccetto girasole è a disposizione sia per i passeggeri che hanno richiesto l’assistenza speciale sia per chi vuole viaggiare in autonomia ricevendo un’attenzione in più da parte dello staff.

Indossare il laccetto girasole è una scelta volontaria a disposizione del passeggero per vivere un’esperienza aeroportuale migliore.

Il laccetto può essere richiesto in aeroporto (Venezia):

in sala Assistenza Speciale (primo piano landside)
presso l’ufficio Informazioni Arrivi (piano terra presso la zona arrivi)
all’addetto assegnato all’assistenza

Ad oggi, nel Regno Unito sono stati emessi oltre 500.000 cordini e poiché l’interesse continua a crescere, aumenta anche il numero di organizzazioni, gruppi e luoghi coinvolti. Non tutte le persone con disabilità nascoste necessitano di assistenza. Tuttavia,si ritiene che il programma del laccetto girasole sia un’opportunità facoltativa per fornire alle persone un “segnale discreto” che dimostri al personale e ad altri che potrebbero aver bisogno di ulteriore supporto o assistenza.

Speriamo che diventi un codice distintivo conosciuto sempre più  anche in Italia.

 

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Viaggiare con l’ipovisione: Assistenza speciale PRM negli aeroporti e Sala Blu

Punto di incontro Sala Blu Stazione Centrale Milano
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Sale Blu nelle stazioni ferroviarie e assistenza speciale PRM negli aeroporti

Viaggiando da sola, richiedo sempre l’assistenza speciale PRM. E’ un buon modo per iniziare la mia vacanza o i miei trasferimenti, in un luogo sconosciuto. Molte di queste difficoltà sono abbastanza scoraggianti da far rimanere molte  persone con disabilità visiva a casa. Ma se sei arrivato qui, vuol dire che non ti scoraggi così facilmente. Hai solo bisogno di una guida specifica per le modalità di viaggio più probabili. Essere guidati da qualcun altro, tenendosi per un braccio quando ci si trova in luoghi sconosciuti o se ci sono grandi folle come in stazioni e aeroporti, è senz’altro rassicurante.

ASSISTENZA NEGLI AEROPORTI

Per poter ricevere l’assistenza dedicata, così come previsto dal Regolamento (CE) n. 1107/2006, occorre effettuare la richiesta del servizio alla compagnia aerea, all’agenzia di viaggio o al tour operator con cui si effettua la prenotazione, che hanno poi l’obbligo di trasmetterla al gestore degli aeroporti di partenza, arrivo ed eventuale transito.

Per gli aerei, è raccomandato effettuare la richiesta dell’assistenza al momento della prenotazione o dell’acquisto del biglietto in quanto, per ragioni di sicurezza aeronautica, il numero dei posti dedicato a bordo è limitato.

In ogni caso la richiesta deve essere fatta almeno 48 ore prima della partenza, ciò al fine di garantire l’organizzazione del servizio.

Se la richiesta di assistenza non viene effettuata in anticipo, si rischia di perdere il volo. Nonostante gli sforzi organizzativi del gestore, il personale dedicato potrebbe, infatti, essere già impegnato in servizi di assistenza prenotati regolarmente da altri PRM. Inoltre, potrebbero non essere più disponibili i posti dedicati a bordo.

Un requisito fondamentale per viaggiare in sicurezza,  anche se sarai in compagnia di un normovedente, è quello di segnalare sé stessi agli altri, tramite il bastone bianco oppure tramite il laccetto girasole. Questo ci identificherà, in generale, al personale di servizio, perché permette di identificare con chiarezza una persona che necessita di un’attenzione diversa e allo stesso tempo riduce alla stessa notevolmente lo stress, grazie alle agevolazioni che sono previste. Basta infatti rivolgersi direttamente al personale e chiedere ciò di cui si ha bisogno.

Foto del Bastone Bianco e del laccetto girasole

Il personale attento di terra e sugli aeromobili è appositamente addestrato e si prenderà cura di te offrendo il necessario supporto durante tutto il viaggio.

Ecco nello specifico in cosa ti potranno assistere :

  • Orientarti per il check-in (hai comunque la precedenza sulle code).
  • Attendere il tuo volo nelle aree riservate
  • Passare il controllo di sicurezza aiutandoci a rimettere a posto gli oggetti senza rischiare di dimenticarne qualcuno nei vari cestini.
  • Trovare il luogo d’ imbarco giusto.
  • Prendere la navetta senza essere in bilico e compresso tra persone che non puoi vedere.
  • Ci aiutano a salire le scale dell’aereomobile e trovare il posto prenotato a bordo per sederti.
  • All’arrivo, il personale dedicato, ti verrà a prendere a bordo  per aiutarti a scendere e a recuperare i tuoi bagagli.
  • Se perdi delle coincidenze dovute a ritardi, ti aiuteranno a riprogrammare il tuo viaggio. (Idem le Sale Blu)

E’ buona cosa rendere i propri bagagli riconoscibili, personalmente uso delle foderine per trolley con fantasie particolari, basterà descriverla al tuo assistente di turno per facilitargli il compito di recupero e dI identificazione della valigia sul nastro trasportatore.

 

Foto bagagli riconoscibili: Trolley con foderina raffigurante dei gatti stilizzati e zaino con laccetti colorati

ASSISTENZA NELLE STAZIONI FERROVIARIE

Informa sempre in anticipo, la Sala blu per l’assistenza,  se hai bisogno di assistenza speciale chiedi quello di cui necessiti e loro si organizzeranno in base alle tue richieste specifiche.  Elimina il fastidio di dover richiedere sul posto e non sempre sono disponibili tutti i servizi sul momento, specialmente nei fine settimana o giorni di festa.

I servizi di assistenza consistono in:

  • accoglienza in stazione presso il punto di incontro concordato o, per i viaggiatori in arrivo, al posto occupato a bordo treno
  • accompagnamento in stazione per l’eventuale ritiro del biglietto
  • accompagnamento a bordo del treno in partenza al posto assegnato o dal treno di arrivo all’uscita della stazione o, per chi prosegue il viaggio, a bordo di altro treno
  • messa a disposizione, su richiesta, della sedia a ruote per l’accompagnamento in stazione a/dal treno
  • salita e discesa a/da bordo treno tramite carrello elevatore per i viaggiatori su sedia a ruote
  • eventuale servizio, su richiesta, di portabagagli a mano (1 bagaglio)

NOTA: Vorrei evidenziare che purtroppo nelle stazioni e negli aeroporti, i codici pedotattili (Loges e LVI) ideati per aiutarci ad orientare in autonomia, sono di solito occupati da oggetti ingombranti, da persone in sosta con bagagli, da persone che pensano che siano percorsi preferenziali per il trascinamento dei trolley, oppure che siano elementi decorativi della pavimentazione. insomma vengono utilizzati ed occupati impropriamente in modo da non renderli a noi accessibili. Per questo reputo che i servizi di assistenza siano estremamente utili sia nelle stazioni che negli aeroporti.

Sistema Loges pedo-tattile per ciechi e ipovedenti ed esempi di malcostume e mancanza di rispetto verso gli stessi.

 

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Perché amo il mio bastone bianco

il mio bastone bianco in treno
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Giornata mondiale del bastone bianco e campagna di sensibilizzazione 2015

Oggi è la giornata mondiale del bastone bianco e come da programma avrei scritto un pezzo per il blog sulla giornata, un discorso in generale. Mai avrei pensato di scrivere qualcosa che mi riguardasse in prima persona. Oggi il mio bastone bianco mi ha permesso di incontrare degli esseri umani: diversi per sensibilità, per inclinazioni, per senso civico. Diversi in quanto esseri umani, perciò individui. L’avverarsi di un evento negativo, che non sto a raccontare nello specifico perché non necessario, mi ha permesso di incontrare persone attente e disponibili nei confronti della mia non abilità. Il bastone bianco mi ha facilitato il compito, mi ha reso riconoscibile, ha dato una connotazione alla mia condizione e, per risonanza, le ha rese attente e disponibili nei miei confronti.

In un momento in cui ero spaesata e avvilita, visibilmente in difficoltà, bisognosa di aiuto, si sono avvicinate a me delle signore che mi hanno sollevato dallo scoramento e mi hanno accompagnata a destinazione. Senza neppure fosse necessario palesare il mio disorientamento a parole, si sono avvicinate e mi hanno offerto il loro sostegno.

Insomma, un grazie alle donne della città di Chiari che ho incontrato oggi, e ai passeggeri del regionale, per essere stati i miei occhi, in modo naturale e semplice.

Oggi avrei potuto piangermi addosso, avrei potuto focalizzare la mia frustrazione su una manifestazione rozza di maleducazione (la causa del mio malessere), avrei potuto ritirarmi in me stessa e abbandonarmi a pensieri vittimistici.

Avrei in questo modo guardato solo una parte della realtà e, molto probabilmente, mi sarei persa quella migliore che è stata la controprova decisiva: la presenza, sempre e in ogni luogo, del lato sano della nostra società, ovvero le persone capaci di guardare oltre sé stesse.

Sono commossa e profondamente grata per questo.

Vi saluto ricordandovi quanto sia prezioso il bastone bianco per tutti noi, per chi lo usa e per chi lo riconosce e ne comprende la valenza.

Laura

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“A cosa dovrebbe assomigliare un cieco?”

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 elaine moses fotografie

Dopo aver perso la vista in età avanzata (43), Elaine Waters ha dovuto imparare a vedere in modo diverso.

Nonostante sia quasi completamente cieca, Elaine Waters vede ancora la bellezza nella vita di tutti i giorni. I suoi tacchi alti battono il tempo insieme al lungo bastone bianco, che, in cerca di guai, sfiora per terra disegnando un arco basso.

Se segui lo stelo del bastone sottile fino a superare lo smalto nero delle unghie di Elaine Waters, vai oltre il tatuaggio sull’avambraccio dell’ultimo disegno abbozzato da lei in ospedale, arrivi poi fino a quegli occhi brillanti, con un accenno di mascara.

“Non sembri cieca,” la gente dice a questa madre di due ragazzi di Auckland , che ha perso la vista, sette anni fa in seguito a un effetto collaterale di una malattia autoimmune.

“Non sembri stupido, ma lo sei”, vorrebbe ribattere, nel suo ricco accento scozzese. “La mia domanda al mondo è: “A che cosa dovrebbe assomigliare un cieco?”

La Waters è stata una sana e felice madre che lavorava come truccatrice per Lancome, quando all’improvviso la sua visione del mondo è andata letteralmente in frantumi. Un attacco di panico in un caffè di Wellington ha segnato l’inizio di un incubo. Poi i suoi occhi cominciarono a gonfiarsi al di fuori dalla sua testa. Prima il sinistro e poi quello destro.

Le è stata diagnosticata la malattia del morbo di Graves Basedow, provocata dalla sua  tiroide iperattiva. I chirurghi hanno inciso le sue orbite per alleviare la pressione, ma il danno era già stato fatto. Il gonfiore aveva schiacciato il nervo ottico e danneggiato i muscoli oculari. Improvvisamente la sua vista è diventata un caleidoscopio senza sosta , una sorta di  distorsione cubista, tutti gli angoli come schegge taglienti.

“Nel giro di due o tre settimane sono passata da essere perfettamente vedente ad essere legalmente cieca”,  ricorda la Waters.

Nella sua casa, lei sapeva esattamente dove tutto era sistemato, ma il più piccolo dei compiti, come la cucina, era diventato un calvario estenuante.

“E ‘stato così difficile. Sapevo come fare. Sapevo come era fatto un piatto, ma c’erano un milione di pentole, volevo afferrare il manico, ma il manico non c’era.”

“Perdere la propria indipendenza è stato più devastante del non essere più in grado di vedere. C’erano un sacco di tempi bui, un sacco di frustrazione, e un sacco di volte, ho avuto l’impressione che qualcuno non capisse quello che stavo passando. Ma proprio l’amore puro dei miei figli mi ha fatto desiderare di  fare meglio e conquistare il giorno dopo. “

Ci sono voluti circa quattro anni per la Waters, per accettare tutto questo. Ora lei si meraviglia di quanta strada abbia fatto e tutto sembra così lontano.

Dentro le mura, la punta delle dita sfiorano le pareti come antenne per cercare un passaggio sicuro, la sua mente traccia una mappa mentale. All’esterno, il bastone bianco diventa i suoi occhi. Quando le fu presentato, scoppiò in lacrime. Ora per lei è sinonimo di libertà.

Lei conosce la strada fino al supermercato o la farmacia nella piccola Te Atatu, ma per arrivarci può sembrare un compito immane.

Conta anche i 150 passi che la separano dalla casa di sua sorella, il bastone bianco batte ed intercetta da un lato all’altro per  sentire gli ostacoli, la pendenza e la consistenza del terreno. Colpire con il bastone il dissuasore anti-parcheggio, è l’unico modo per sapere quale della serie di versioni che sta vedendo, è quella reale.

Il suo naso, lavora tantissimo, molto di più: il delizioso profumo di lievito del panificio, la farmacia odora di profumi, l’aria fuori dal bar che fa cibo da asporto, è densa del profumo di olio fritto.

Anche ora, attraversare la strada rimane un compito orribile. Un dosso si estende senza interruzione dal percorso pedonale, lei si ferma appena prima del bordo, sentendo col bastone il cambiamento della strada dal pavimento liscio  all’angolo del dosso artificiale. Una macchina rallenta e conta 18 passi per attraversare e raggiungere  l’altro lato.

A sua volta al supermercato, naviga per il negozio utilizzando una mappa mentale: terza corsia giù, secondo ripiano su, nel mezzo. Talvolta, la sua mappa fallisce, quando cambiano le corsie e  la disposizione dei prodotti. C’è la farina di  sago , nella dispensa di casa, che nessuno sa cosa farne. E poi c’è stato il momento in cui ha ordinato online  20 scatole di fagioli al forno, invece di due.

“Mio figlio pensa che sia abbastanza divertente quando torno a casa con tutte queste cose scelte a caso per cercare di farne un pasto “  Dice la Waters ridendo.

Ma soprattutto, ha imparato l’indipendenza.  Lhasa Apso Skye è il nome del suo cane guida non ufficiale. Lei lavora per l’azienda di sua sorella Modica come ricercatrice e assistente esecutiva. Può lavorare da casa, ma  ama anche andare in ufficio in città, con il suo trucco a posto  e i suoi tacchi alti che il suo allenatore della mobilità le ha raccomandato di non indossare mai.

Va anche  in palestra, dove può passeggiare sul tapis roulant, chiudendo gli occhi e facendo finta di essere in spiaggia.”Non c’è rischio di cadere, di inciampare, né di sbattere contro qualcuno. Posso solo camminare per miglia. E’ così bello.”

“Le persone spesso mi chiedono se sarebbe stato più facile se  fossi nata cieca. Forse, ma non voglio scambiare i preziosi ricordi di figlio Jimmie, ora di 22 anni e la figlia KDee,  di 19. Jimmie e la sua compagna vivono insieme con la Waters e cucinano loro la maggior parte delle volte.

Quei ricordi visivi la aiutano a decodificare il mondo che ora le sta di fronte.

“E’ come mettere insieme i pezzi di un puzzle: un ricordo, quello che sto realmente vedendo, quello che penso che possa essere simile. Metto insieme tutte queste tre cose per creare un’immagine di quello che sta succedendo.”.

Ci sono ancora dei giorni cattivi – quando ti fregano o  tassisti che ci mettono 30 minuti per un viaggio di cinque minuti. “Sono cieca, non stupida.”

Ma lei sente di aver finalmente chiuso il cerchio, riscoprendo il suo sole, il suo io sociale.

“Mi manca quello che avevo prima, ma ad essere onesti la mia vita ora è bella e non sono mai stata in pace con me stessa quanto lo sono ora. Quando si perde uno dei nostri sensi, quello che ho constatato è che gli altri sensi si  sono potenziati.

“Ma è davvero il mio intuito, il mio istinto quello che conta. Quando mi capita di incontrare delle persone le posso calibrare “Sì, voglio dare a questa persona un po’ di tempo” oppure ” No, forse è meglio di no”. Quindi, anche se non riesco a vedere , posso effettivamente vedere molto di più sul mondo in cui vivo. Può essere molto più piccolo, ma le cose che posso vedere e dedicare il mio tempo per guardarle sono ugualmente cose belle. “

Dopo aver perso la vista in età avanzata, Elaine Waters ha dovuto imparare a vedere in modo diverso.

PER L’ARTICOLO ORIGINALE E LA VIDEO INTERVISTA di ELAINE CLICCARE QUI

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Esperienza di simulazione visiva

bagatta podcast
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Le attività di simulazione, che portiamo nelle scuole, nelle biblioteche o in ambienti di aggregazione sociale, oltre ad accrescere la consapevolezza delle abilità necessarie alla gestione della disabilità, consentono di dare un’idea delle potenzialità delle persone, portatori di handicap che, molto spesso, non sono considerate né sfruttate al pieno del loro potenziale. Ma soprattutto permettono di modificare atteggiamenti negativi e stereotipati nei confronti delle persone con disabilità. Per migliorare la comunicazione e le relazioni interpersonali tra i ragazzi è importante favorire lo sviluppo della comprensione attraverso “il fare”, di come le persone disabili imparano ad adattarsi e a rispondere affrontando i problemi che l’handicap comporta.

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Capire come può muoversi e che prove deve affrontare una persona con seri problemi visivi (ipovedente), grazie all’ausilio di simulatori che riproducono le diverse patologie e del bastone bianco, diventa semplice. Permette ai ragazzi di entrare nel mio mondo senza fraintendimenti, senza filtri. La percezione dell’ambiente conosciuto e di ciò che lo anima cambia, necessariamente. Anche il luogo a noi più famigliare può nascondere ostacoli e difficoltà spiacevoli quando il nostro campo visivo è compromesso. I nostri sensi si adeguano più o meno velocemente per permetterci di sopravvivere al cambiamento e cavarcela, sempre e in ogni situazione, mano a mano che prendiamo dimestichezza con la nostra mutata condizione. Questo succede a chiunque.

Essere proiettati in questa dimensione nuova provoca una serie di reazioni prevedibili, inevitabili, eppure sorprendenti. Il disagio, il fastidio, lo spaesamento dei primi istanti vengono sostituiti piano piano dall’attenzione al presente, da ciò che “sentiamo” attorno a noi senza poterlo vedere, e da un cambio repentino del nostro processo logico (per esempio la ricerca rapida di soluzioni per il superamento di quell’ostacolo che ci impedisce il movimento) e da una profonda attenzione alle sollecitazioni sonore, tattili, olfattive che solitamente passerebbero in secondo piano. La trasformazione si rende evidente: siamo gli stessi di prima, ma siamo diversi. Siamo stati costretti a ridurre il nostro campo d’azione, si sono ristretti i nostri confini visivi oggettivi, e abbiamo preso coscienza dei nostri limiti, è vero. Abbiamo anche, però, scoperto nuove risorse dentro di noi per adattarci e superare anche ciò che potrebbe sembrare insuperabile. Siamo pronti ad accogliere un’altra visione di noi stessi, pronti a offrirci al mondo così come siamo. Senza paura e senza vergogna. L’inalienabile diritto all’esistenza esplicitato nella condizione di dignità propria di ogni essere umano.”

Se sei un insegnante e vuoi portare il nostro progetto nella tua scuola, per informazioni contattaci: tuconimieiocchi@gmail.com

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Il bastone bianco

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Questo è un mio articolo  postato in occasione della Giornata mondiale del bastone bianco, ospite del blog ” Instabilmente contaminazioni d’arte”, che ringrazio per l’attenzione e l’accoglienza.

Il Bastone Bianco – 15 ottobre 2013

(you can find the english translation below)

Volevo richiamare la vostra attenzione su una data, oggi 15 ottobre, per me importante e speciale, la giornata della sicurezza del Bastone Bianco, è una giornata dove si celebra e si ricorda alle persone uno strumento che aiuta non solo i ciechi ma anche gli ipovedenti come me, a conquistare una maggiore indipendenza, una maggiore mobilità, permettendoci di partecipare in modo attivo in ambito sociale.

In Italia, noi ipovedenti siamo un numero importante, più di 2.500.000, ma siamo come un fiume carsico, ovvero silenti e poco visibili, tanto che il Bastone Bianco, un elemento di segnalazione che contraddistingue la nostra condizione, ai più è totalmente sconosciuto.

Vorrei parlarvi della mia esperienza e di quanto mi sia prezioso questo semplice ausilio, tanto da aver cambiato la qualità della mia vita.

Il fatto di farmi vedere in giro e di segnalarmi con il bastone bianco, significa vivere un processo di elaborazione, dove ammetto apertamente di non vederci bene o di non vedere del tutto. Non è un percorso scontato né tanto meno semplice perché entrano molti fattori in gioco, non ultimo il preoccuparsi troppo di cosa pensi chi ci sta attorno. Ma una volta che si supera questa fase di elaborazione e di accettazione dell’handicap visivo, si è a buon punto per accogliere l’idea del bastone bianco scoprendo che può portarci solo vantaggi. Prima del suo utilizzo, la mia condizione di ipovedente ed il suo progredire, si stava prendendo sempre di più pezzetti della mia autonomia nel vivere quotidiano.

Ora posso dire: perché non l’ho utilizzato prima!

Ora non inciampo più sui gradini, o sui bordi del marciapiede, le condizioni della luce non condizionano più pesantemente le mie uscite, il bastone bianco fa sì che, segnalandomi, le persone si scostino e non vada loro addosso, permettendomi di affrontare luoghi affollati come le stazioni ferroviarie e gli aeroporti.

Il non dover più guardare per terra mi permette di guardare meglio ciò che mi circonda, percepisco molte più cose e mi oriento più facilmente.

Ma il vantaggio più grande è che grazie a lui, le persone entrano in comunicazione con me. Mi chiedono spesso se ho bisogno di aiuto, abbattendo così diffidenza ed imbarazzo, il mio bastone bianco facendomi da tesserino di riconoscimento quando io stessa chiedo aiuto  riesce a  veicolare la comunicazione ad un livello empatico, un territorio dove entrambe le parti lasciano un segno, un piccolo gesto, un reciproco scambio su cui soffermarsi e riflettere, qualcosa di prezioso da portarsi a casa.

Tutto questo per dirvi che quando incontrate un bastone bianco, dietro ci sta una come me, con le sue variabili personali, che nonostante la sua disabilità, ha ancora voglia di conoscere e di esplorare il mondo.

Vi abbraccio e vi ringrazio per l’attenzione

Laura Giardina

 

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I’d like to call your attention to this date, 15th October, which is the “white cane day” and it’s very special to me.
On this day we celebrate and remind everyone of a device that helps not only blind people, but also the ones with low vision like me, to achieve independence and greater mobility , allowing us to participate in a more active way in our society.
People with low vision impairments are over 2.500.000 in Italy, but we’re like an invisible river, silent and not quite exposed,  so that the white cane , a warning element that characterises our condition, is almost uknown.
I’d like to share with you my experience and tell you how precious object is to me, as much as to have changed the quality of my life,
The fact of walking around with the white cane means going through a process of elaboration, where I openly admit that I don’t see well or not at all.
It’s not a thing to be taken for granted, let alone easy because many factors come into play, especially worrying too much about what  others think about us.
But once you get past this elaboration and acceptance phase, you can start welcome the white cane, discovering that it can only bring us benefits.
Before I started using it, my condition and its developing were taking over my autonomy in everyday life.
Now I can say “Why haven’t I started using it before?!”
I don’t trip on steps or on pavements’ edges, light’s changes don’t affect me so heavily anymore, the white cane helps me standing out so that people don’t bump into me, allowing me to face crowded places such as railway stations or airports.
Not having to constantly look on the ground anymore, allows me to better observe what surrounds me, to perceive and  orientate myself.
The biggest benefit is that, thanks to the cane, people communicate with me. They often ask me if I need help, getting rid of diffidence and embarrassment, my cane manages to bring empathy into communication, a territory where both sides leave a mark, a small gesture, an exchange on which to stop and think, something precious to take home with you.
All of this just to tell you that when you see a white cane, there’s someone like me behind it, that despite its disability still wants to go out and explore the world.
Thank you for your attention,
un abbraccio (big hug)
 

 

 

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