Intelligenza artificiale il prossimo passo nella Diagnostica
La società IDx sta rivoluzionando la tecnologia sanitaria creando dispositivi medici di prossima generazione in grado di rilevare automaticamente la malattia degli occhi tramite le immagini retiniche. Queste diagnosi possono già essere riscontrate presso l’ambulatorio del medico di base.
Nei prossimi 20 anni si stima che nel mondo, l’85% dei 415 milioni di pazienti affetti da diabete svilupperà una retinopatia diabetica (DR). Per evitare la perdita devastante della vista, lo screening per DR è diventato una parte fondamentale nella gestione del diabete.
IDx-DR è una soluzione algoritmica avanzata per il rilevamento della retinopatia diabetica e dell’edema maculare diabetico. Creato attraverso la combinazione di analisi di immagini classiche, tecniche di deep learning e competenze oftalmiche, IDx-DR fornisce risultati rapidi e affidabili attraverso Secure Cloud (protezione dati) per consentire lo screening DR nelle prime linee di cura.
Questa tecnologia è stata sviluppata basandosi sulle conoscenze degli specialisti leader della retina a livello mondiale. Gli algoritmi IDx esaminano le immagini per specifiche caratteristiche della malattia, proprio come farebbe un dottore oftalmologo.
La compagnia di Iowa City ha creato un “dispositivo rivoluzionario” per combattere la cecità Incrementando la diagnosi precoce
Questa tecnologia è destinata all’uso ambulatoriale dei medici di base. Gli Optometristi, oftalmologi e specialisti della retina sono qualificati per diagnosticare la retinopatia diabetica, ma è fondamentale la diagnosi precoce della malattia.
Per il presidente e fondatore della società IDX, il dott. Michael Abramoff, usare la tecnologia artificiale per combattere la retinopatia diabetica, è qualcosa d’ indispensabile da attuare in questi anni.
Questi sono stati gli obiettivi perseguiti durante la ricerca:
FAR GUADAGNARE TEMPO AI PAZIENTI SULLA MALATTIA Consentendo uno screening tempestivo più vicino a casa, capillare sul territorio.
CURA PIÙ COMPLETA Espandendo la possibilità di diagnosi ai medici di base della medicina generale
IMPEDIRE LA CECITÀ Incrementando la diagnosi precoce della malattia trattabile.
“Vedo pazienti che hanno questa malattia e che purtroppo molte volte viene loro diagnosticata tardi, o troppo tardi. Penso che se solo fosse stata individuata prima, avremmo potuto fare molto per prevenire il peggio”, dice il dottor Abramoff.
Più di 30 milioni di americani hanno il diabete e circa 24.000 di essi perdono la vista ogni anno. La principale causa di questa cecità è la retinopatia diabetica.
IDX ha creato un dispositivo in grado di rilevare autonomamente la malattia, semplicemente scattando alcune foto dell’occhio. Questa tecnologia è basata sul confronto e l’utilizzo di milioni di foto di retine con e senza la malattia.
“Sto essenzialmente automatizzando quello che faccio col mio lavoro di specialista”, dice il dottor Abramoff.
Il Dott. Abramoff afferma che molti pazienti non hanno l’abitudine d’ includere la visita di un oculista nei controlli annuali presso il medico di base.
“Attualmente le percentuali dei controlli oftalmici sono terribilmente bassi, meno del 50% in molti casi, spesso anche più basse nelle popolazioni rurali o sottoservite”, ha dichiarato John Casko, Vice Presidente del Business Development di IDX. “In questo progetto stiamo trasferendo la conoscenza esperta di uno specialista della retina, in questa tecnologia, per metterla a disposizione nelle prime linee di cura”.
Ciò significa che un medico di base ha bisogno solo di un training di quattro ore per essere in grado di utilizzare il dispositivo. Un paziente può essere sottoposto all’esame mentre viene monitorato per altre cure preventive.
Il dispositivo è stato sottoposto a test clinici e i dati sono stati inviati alla FDA.
* I prodotti IDx ancora non sono stati approvati dalla FDA e non sono attualmente in vendita negli Stati Uniti. IDx-DR ha ricevuto l’autorizzazione come dispositivo medico di classe 2 in vendita nell’Unione europea.
L’amministrazione lo ha etichettato come “dispositivo rivoluzionario”, il che significa che dopo il controllo otterrà una certificazione rapida.
IDX spera di avere una risposta dalla SDA entro i prossimi mesi.
Usare i coltelli quando si è affetti da ipovisione è una grande sfida, qui vi parlerò dei coltelli e delle alternative da usare per la propria sicurezza ed evitare il più possibile il suo utilizzo.
il coltello può esservi amico o nemico, quindi bisogna averne sempre un grande rispetto e non distrarsi mai durante l’operazione del taglio degli alimenti.
Naturalmente io non conosco lo stato e grado del vostro deficit visivo, sta a voi in base ai limiti della vostra patologia scegliere quale adottare per la propria sicurezza.
La scelta del coltello. E’ utile e più sicuro per chi ha problemi di vista, usare coltelli piccoli e a lama non eccessivamente lunga, questo per permettere un maggiore controllo nella fase del taglio.
Evitare di usare coltelli con la punta in quanto prima o poi capiterà di infilzarvi una mano.
Un coltello con l’impugnatura giusta, la forma corretta per l’uso che ne dobbiamo fare e il filo perfetto ci permetterà di fare minor sforzo ed avere minori probabilità di tagliarci.
Nonostante io abbia una buona scelta di coltelli a volte mi ritrovo ad usare un piccolo coltello dall’apparenza senza grandi caratteristiche, ma che poi mi ritrovo sempre in mano, questo per dire che la scelta è soggettiva.
REGOLE base DI SICUREZZA
Conservare i coltelli dentro un ceppo di legno oppure riunirli in un contenitore chiudibile tipo Tupperware.
Non spostarsi mai per la cucina con il coltello in posizione orizzontale ma tenerlo lungo il proprio corpo verso il basso con la lama rivolta all’indietro.
Non lasciare mai dentro al lavello un coltello in attesa di essere lavato in un secondo tempo, lavarlo immediatamente ed asciugarlo, rimettendolo al suo posto
Se non potete lavarlo subito, isolatelo in un contenitore di plastica.
Inoltre esistono delle spazzole lavacoltelli che evitano il contatto diretto con le dita, come il cutlery cleaner oppure usate una spazzola lunga tipo quella per pulire i piatti e passatela sulla lama con del detergente.
REGOLE sull’ Utilizzo
Se non vi sentite sicuri, per proteggervi le mani ci sono diversi ausili, il più estremo ed efficace è l’uso del guanto da taglio per la mano passiva (quella che non ha il coltello in mano per intenderci)
Per i 314 milioni di persone con disabilità visive e i 45 milioni di individui ciechi nel mondo, sono numeri stimati dall’Organizzazione mondiale della sanità, i compiti quotidiani che le persone che vedono danno per scontate, possono diventare sfide difficili. Dal vestirsi al mattino al cucinarsi la colazione, un cieco deve organizzare meticolosamente la sua vita per vivere in modo indipendente. Se ti stai occupando di una persona cieca, aiutarlo con un atteggiamento pro-attivo nelle sue attività di vita quotidiana, può dargli più fiducia nel cercare di vivere in modo indipendente e nell’organizzare la sua vita.
Vestirsi e aver cura della propria persona
Se ti occupi di una persona cieca, una delle abilità di base che devi stimolare è la cura di sè per avere un bell’aspetto, per vestirsi dignitosamente e soprattutto la sua cura personale. Un individuo cieco probabilmente vorrà occuparsi di fare la doccia, la rasatura e altro in privato, quindi aiutarlo ad organizzare e posizionare gli strumenti giusti negli stessi posti, dove ogni giorno può semplificare la sua routine, è preziosissimo. Organizza il suo armadio, io personalmente per il mio, ho optato delle scatole con etichetta dove tutto è diviso per tipo e colore. Cercate insieme i vestiti che usa più frequentemente e posizionateli in modo facilmente accessibile. Se necessario, in base alla sua capacità, riponi gli indumenti la sera prima in modo che la lui o lei possa vestirsi da solo, rispetta i suoi tempi.
Cucina e organizzazione
La cucina può sembrare un posto minaccioso per i ciechi, motivo per cui la sicurezza è della massima importanza quando ci si prende cura di un individuo cieco o ipovedente. La scelta di utensili con impugnature ampie e morbide può rendere più comodo a un cieco il taglio e il consumo del pasto. Uno sforzo per organizzare la cucina in modo che gli oggetti siano sempre nello stesso posto, può aiutare a trovare facilmente determinati oggetti in cucina. Fare il lavoro di preparazione può anche aiutarlo ed incoraggiarlo ad essere indipendente. Lascia in frigorifero frutta e verdura con etichette braille o immagini in rilievo che rappresentano il cibo all’interno dei contenitori.
Tecnologia e comunicazione.
Una persona cieca diventa più abile nel trattarela sua condizione, se si introduce la tecnologia per la comunicazione nella sua vita. I programmi dei computer per non vedenti utilizzano la voce e il suono per leggere le pagine Web, così come la dettatura vocale per la scrittura oppure le tastiere in Braille rendono facile tenersi in contatto via e-mail. Esistono classi e seminari per aiutare i ciechi ad imparare come utilizzare agevolmente la tecnologia nelle loro vite. Ciò consente anche importanti opportunità d’interazione con le persone della società, sia cieche che vedenti, per mantenere una vita sociale sana.
Trasporti
I trasporti e gli spostamenti possono essere una sfida seria nella vita di un individuo cieco. Se la persona di cui ti occupi usa un bastone, un cane guida o altri strumenti, usare i mezzi pubblici e fare una semplice passeggiata possono diventare un lavoro ingrato. Iniziate a fare viaggi frequenti e semplici in giro nelle zone limitrofe della propria abitazione può aiutare la persona a sentirsi più a suo agio nel muoversi in città Prova a lasciare che sia lui a scegliere il percorso il più spesso possibile, intervenendo solo se la sua sicurezza è in pericolo. Questo gli darà sicurezza e capacità di viaggiare senza un accompagnatore.
David Katz, fotografo acclamato, ha nascosto la sua disabilità visiva ai colleghi per decenni mentre scattava le sue famose immagini. Una stupefacente storia di trionfo sulle avversità, oggi è un film.
David Katz ha una condizione genetica caratterizzata da una mancanza di pigmentazione nell’iride.
Non riesce a vedere nessuna lettera sul tabellone dell’ottico e fatica a percepire la profondità.
Eppure ha iniziato a fotografare gli eventi di sport locali al Fleet Street, il londinese ha avuto la sua grande occasione al Daily Mail a 19 anni.
Ha catturato molti volti famosi in 32 anni di carriera, tra cui la famiglia reale.
Una delle sue foto più famose fu lo streaker del Lord’s Cricket Ground del 1989.
David ha appreso un certo numero di “trucchi” per mantenere la sua cecità segreta ai colleghi.
Rivela come la tenace fede dei suoi genitori in lui lo abbia spinto ad avere successo.
Molti avranno visto i sui lavori sulla stampa nazionale e internazionale britannica nel corso degli anni. Ma pochi sanno che David Katz, il fotografo dietro quelle immagini sorprendenti, è legalmente cieco. David è diventato uno dei migliori fotografi sportivi del paese all’età di 20 anni e ha continuato a catturare gli scatti di molti volti famosi negli ultimi tre decenni, tra cui la Regina Elisabetta, la principessa Diana, Michael Jackson e Elton John.
Uno scatto di David Katz: la Principessa Diana
A partire dalla tenera età di 18 anni, la sua carriera giornalistica iniziò al Daily Mail nel 1985 e alla fine lo vide diventare il fotografo ufficiale della campagna per il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu.
Una delle sue immagini più famose era quella di Sheila Nicholls che si stagliava sul Lord’s Cricket Ground il 29 maggio 1989. Questo scatto apparve sulla prima pagina del Mail il giorno successivo.
Un’esibizionista nuda durante una partita: uno scatto di David Katz
E’ sorprendente, che nessuno si rese conto – né i lettori, né i suoi stessi colleghi e capi – che la vista di David fosse sfocata e che si mettesse a fuoco solo guardando attraverso l’obiettivo di una telecamera.
Temendo che la sua disabilità limitasse la sua carriera, David, 51 anni, prese la decisione di tenerlo nascosto a quasi tutti quelli che lo conoscevano fino ad oggi. Oggi parla in esclusiva a MailOnline della sua straordinaria storia di vita che è stata trasformata in un film intitolato “Through My Lenses”.
A tre mesi, David, o Katzy come era soprannominato, gli è stato diagnosticato un albinismo oculare, una condizione genetica caratterizzata da una mancanza di pigmentazione nell’iride. Ciò causa grave mancanza di nitidezza della vista e problemi ad entrambi gli occhi per la percezione della profondità (visione stereoscopica). Soffre anche di astigmatismo (visione offuscata), nistagmo (movimento oculare involontario) e strabismo (disallineamento degli occhi che influenza l’equilibrio).
Ma come ha fatto a nascondere tutto questo? David rivela con dettagli accurati quello che ha dovuto fare per mascherare la sua disabilità e rivela ciò che lo ha spinto a raggiungere l’apparentemente l’impossibile – l’amore dei suoi genitori e la ferma convinzione di credere in lui.
Non esiste la parola “non si può’
Appassionato di calcio, David scoprì da bambino che poteva guardare le partite meglio con l’uso del binocolo, poiché l’obiettivo minimizzava alcuni dei problemi derivanti dalla sua menomazione.
Aveva sette anni quando suo padre Tally, gli comprò la sua prima macchina fotografica. “Da quel momento in poi sono stato semplicemente conquistato”, ci ha detto. “Avere la fotocamera davanti lla mia faccia e guardare attraverso il mirino mi ha permesso di vedere le cose esattamente nel modo in cui potevo vedere le cose nella mia mente.”
All’età di 15 anni, tornando nella sua casa di Ilford, a est di Londra, da una vacanza in Israele con la famiglia, mostrò a suo padre le foto che aveva scattato durante il viaggio.
‘Mio padre ne rimase davvero colpito e mi disse che avevo un vero occhio e talento. “Mia madre, Anita, anche lei mi ha sempre incoraggiato a non sentirmi mai frenato dalla mia disabilità. ‘Mi disse, “Non esiste la parola non si può.”
Dopo aver lasciato la scuola a 16 anni, David ebbe l’opportunità di acquistare una fotocamera migliore e continuare la fotografia come hobby.
Una volta acquistata la mia prima reflex 35mm, una Nikon EM, avuta nelle mie mani, non ci fu modo di fermarmi. Ho letteralmente fotografato tutto, dalle mollette dei panni ai piccioni nel giardino”. Più tardi quell’anno, il suo amato padre morì e David si assicurò il suo primo lavoro di fotografo al giornale locale. In seguito, con l’aiuto di un editore di riviste di calcio, riuscì ad ottenere un pass per la stampa alla sua prima partita dell’Arsenal come fotografo accreditato.
“Sono passato da tifoso sulle tribune ad essere dentro il campo con i calciatori che avevo idolatrato da bambino “.
La grande occasione
Non contento più delle notizie locali, David lasciò il lavoro in amministrazione e iniziò a bussare alle porte dei giornali nazionali britannici.
A 19 anni, gli fu dato un’ occasione dall’editor delle immagini del Mail, Harry Mann, che superò a pieni voti.
A quel tempo gli uffici del giornale si trovavano nella leggendaria Fleet Street, nel cuore della capitale. “Mi guardo indietro e penso di non avere avuto idea di che opportunità sia stata lavorare al Daily Mail in così giovane età “.
David rimase al Mail per quattro anni, poi al Daily Mirror tra il 1989 e il 1993. Alcuni dei molti volti famosi che ha scattato nel corso degli anni includono una serie di star dello sport tra cui Gary Linekar, Ian Botham, Paul Gasgoine e Wayne Rooney. Ha anche fotografato Amy Winehouse e Tony Blair.
David Katz con l’allora Primo Ministro Tony Blair
la Regina Elisabetta II, in uno scatto di David Katz
Superare le sfide Comunque, nonostante avesse raggiunto i vertici del suo lavoro , nessuno, tranne la famiglia e gli amici più vicini a David, aveva idea della sua cecità.
‘Posso vedere solo in una dimensione’, ha spiegato. “Quando vado dagli ottici e ti fanno un esame visivo, posso solo vedere che c’è una lavagna.
“In una buona giornata, potrei riuscire a distinguere la prima lettera. Molte cose influiscono su quanto riesca a vedere, il livello di luce del sole, se sono stanco o stressato per esempio.
‘Non sono un cieco che vede nero , riesco a distinguere le forme. La lotta con la percezione della profondità è stata la mia vera sfida. ”
Ma non osava dirlo ad anima viva, nella convinzione che avrebbe seriamente ostacolato la sua carriera.
“La concorrenza in un settore come questo è notoriamente feroce”, ha spiegato. “Avevo paura che i miei colleghi potessero usare la mia cecità per svantaggiarmi. Per compensare i suoi limiti, David ha studiato e affinato il suo mestiere con dedizione incrollabile.
Ha sviluppato la reputazione di essere sempre in prima linea nell’azione, invece di restare nelle retrovie con un teleobiettivo, come tanti suoi pari. “Ero determinato a non sentirmi mai dire:” Hai perso un momento incredibile perché non l’hai visto “, ha spiegato. “Con la streaker (esibizionista nuda) di Lord’s nel 1989, sono riuscito a cogliere il momento perché stavo davanti in prima fila, e non mi sono perso lo scatto “.
E naturalmente la sua carriera è iniziata nei “bei tempi andati” quando si sviluppavano i rullini nella camera oscura e prima delle fotocamere digitali. Nel lavoro, David ha ampliato un certo numero di “trucchi”, cosicché i suoi colleghi e capi non hanno mai scoperto il suo segreto.
“Poi, quando le macchine fotografiche sono diventate digitali, ho memorizzato tutti i pulsanti e le scorciatoie su un laptop e in Photoshop, in modo che potessi usarli in mezzo alle persone senza mollare il colpo e dover usare ausili.
“Oggi è diventato tutto molto più facile con la tecnologia se hai problemi alla vista, perché è possibile ingrandire con l’iPad, ad esempio.”
Ispirare gli altri La carriera di David negli ultimi anni lo ha visto lavorare su vari documentari e mostre, e ha lavorato a Londra al Jewish News per quasi un decennio. Emigrato a Tel Aviv nel 2007, è stato impiegato presso il The Jewish Chronicle per quasi un decennio ed è stato il fotografo del Primo Ministro per le elezioni nazionali dal 2009 al 2013.
La decisione di David di “uscire dallo stanzino”, come dice lui, è mossa dal desiderio di ispirare chiunque altro con disabilità a non lasciarsi condizionare.
“Direi che sono un fotografo migliore in conseguenza della mia disabilità, e non a dispetto di ciò.”
“Suppongo di aver avuto bisogno di raggiungere un certo punto della mia carriera prima di sentirmi sicuro di rivelare la mia cecità, e ora che il mio talento e la mia esperienza sono provati, non ho nulla da perdere”.
“Spero che chiunque altro con una disabilità riesca a vedere quello che sto facendo e si senta motivato a perseguire i propri sogni, non importa quanto irraggiungibili possano sembrare .”
l’atleta Pam McGonigle corre con il suo cane guida, Maida
Ha perso la vista, ma non il suo desiderio di correre. Ora lei è in grado di farlo di nuovo.
Pam McGonigle è stata contagiata dal virus della corsa quando arrivò al sesto posto nella sua prima gara.
Nel 1992, la runner ipovedente vinse l’oro nei 3000 m dei suoi primi Giochi Paraolimpici, e gareggiò nel 1996, nel 2000 e nel 2004. Ma quando divenne sempre più difficile trovare guide per allenarsi, McGonigle si arrese e abbandonò la corsa. Ma non è stata una decisione facile sotto tanti aspetti.
“Ci vuole molto lavoro e tempo extra, che un atleta non vedente deve mettere in campo per far combaciare le cose”, ha detto McGonigle a Runner’s World per telefono. “Nonostante gli sforzi e l’energia impiegati, ad un certo punto non riuscivo più ad ottenere così tanti risultati.
“Come ho detto, ‘Ho avuto una carriera di successo come atleta paraolimpico, ho girato il mondo per rappresentare gli Stati Uniti e ho avuto risultati fantastici, ma non riuscivo a trovare le guide, quindi il mio tempo era finito’”. “Adoro così tanto correre. È stata una parte di me e lo sarà per sempre, ed è ciò che mi dà il fuoco, il mio focus e la fiducia in me stessa. Non è che volessi andare in pensione, ma ho dovuto. “
La 49enne residente a Ardmore, in Pennsylvania, non avrebbe mai pensato che sarebbe tornata a correre 12 anni dopo. Ma nell’aprile 2016, è stata in grado di fare di nuovo ciò che amava, grazie a un pastore tedesco di 3 anni di nome Maida.
La McGonigle ha ottenuto il suo primo cane guida dalla Guiding Eyes for the Blind nel 2008, e quando il cane si stava preparando per andare in pensione e ne avrebbe avuto bisogno di uno nuovo, l’organizzazione le ha chiesto se era interessata al loro nuovo programma Cani Guida per Runner.
“Ho detto che lo ero, ma prima di tutto, che avevo bisogno di un cane che potesse guidarmi giorno dopo giorno dato che sono una persona piuttosto attiva”. “Mi stupisce che io abbia detto ciò. Penso che mi stavo proteggendo perché non volevo mettermi a pensare, “Oh, bene, correrò di nuovo’ ma alla fine non accadrà in realtà. “
Guiding Eyes for the Blind assegna i cani alle persone in base alla quantità di lavoro di guida regolare di cui hanno bisogno: la corsa è secondaria. Perché McGonigle è molto attiva durante il giorno, come andare al lavoro o andare alla scuola di suo figlio, la personalità ad alta energia di Maida era perfetta per lei. Ma McGonigle era ancora un po ‘cauta fino a quando non si accorse che il pezzo mancante del puzzle avrebbe funzionato. E due mesi più tardi, quando i rappresentanti del Nuovo Programma Guida alla Corsa arrivarono per addestrare la coppia a correre insieme, McGonigle era certa che Maida fosse il cane per lei.
“Ero molto nervosa la prima volta che abbiamo corso insieme perché volevo che la gara fosse un successo”, ha detto. “Ero molto tranquilla e non ho detto nulla, ma in realtà ero così estasiata che stavo davvero correndo di nuovo e che questo avrebbe funzionato. Ma non volevo mostrarlo. “
Ma non ci volle molto perché la gioia di McGonigle diventasse evidente.
“Quando siamo tornati a casa dopo, mio marito ci ha guardato e ha detto che sembravamo entrambi così felici. Anche Maida stava sorridendo. “
Dopo un paio di corse con un trainer di Guiding Eyes, la coppia ha avuto il diritto di correre in modo indipendente, e ora corrono regolarmente fino a 12 miglia alla volta, cinque o sei giorni alla settimana, con una media di 8 minuti per miglio. Ad ogni modo, McGonigle presta molta attenzione al carico di lavoro di Maida e diminuisce il loro chilometraggio di marcia se hanno una giornata particolarmente impegnativa per altre attività.
“Ho avuto la fortuna di essere abbinata a un cane che ama correre, e in realtà sento che la corsa la rende una guida migliore durante il nostro lavoro quotidiano”, ha detto. “È incredibile avere questo dono.”
McGonigle non solo ha fatto marcia indietro sulla sua decisione, ma lo ha fatto in un modo che non ha mai avuto prima. Perché non c’era mai stata una guida umana che vivesse con lei 24 ore su 24, 7 giorni su 7, non poteva mai uscire dalla sua porta e iniziare a correre. Maida rende oggi tutto questo possibile.
E un cane dà tanto feedback quanto una persona, solo in un modo diverso.
Quando la mia mano è sulla sua bardatura, posso sentire Maida quando e dove si guarda intorno”, ha detto McGonigle. “Sia che stia cercando dove andare dopo, o se vede qualcosa, posso percepire attraverso l’imbracatura l’angolo in cui si trova”.
Ora hanno raggiunto il punto in cui possono partecipare nelle corse di gruppo e Maida può correre con successo con un gruppo di corridori, McGonigle ha iniziato a pensare di correre con lei.
” Devo essere attenta nello scegliere la gara adatta. Un corsa con i concorrenti troppo vicini non sarebbe una buona idea per farla entrare, quindi dovrò solo essere saggia riguardo alla mia scelta in tal senso, in modo che possa funzionare. “
Ma McGonigle ha piani concreti per gestire la North Face 50-Miler il prossimo maggio a Bear Mountain State Park a New York. Sebbene la distanza sia eccessiva per Maida, non è troppo per l’allenatore dei Guiding Eyes e per l’ultrarunner Nick Speranza, che si è offerto di essere la guida di McGonigle per la gara. Tuttavia, Maida aspetterà al traguardo.
La McGonigle dice che per Maida non è importante che sia coinvolta in una corsa con lei, ma non potrà essere mai abbastanza grata di essere stata accoppiata ad un cane che ami correre tanto quanto lei.
“Maida ama correre, quindi è proprio come me in quel senso. E’ la sua dimensione giusta. Correre la diverte e la rilassa ed è fantastico perché è così anche per me. “
Parul Sachdeva studia in una scuola di moda e design, ma la sua missione è di aiutare i non vedenti nella sfida quotidiana di fare acquisti da soli.
Anche se l’industria della moda ha molti primati al suo attivo in termini di stile e tendenza, raramente le aziende produttrici consultano il consumatore prima di introdurre un indumento sul mercato.
Parul Sachdeva, è una studentessa all’ultimo anno di una scuola di design della moda, presso la Pearl Academy, di Nuova Delhi, con una passione che la spinge a prestare orecchio a studenti e a adulti non vedenti. Per capire di che cosa avesse bisogno il suo ‘target’ in termini di moda e tessuto, ha avuto con loro parecchie conversazioni per capire qualcosa in più delle loro difficoltà. “Molti di loro mi hanno riferito di quante ore ci vogliono per capire quale abito o camicia si possa adattare meglio a loro, e di come la vita sarebbe molto più semplice se ci fosse qualche indicazione delle taglie e del colore dei capi”. Chiaramente, per loro lo shopping è pieno di sfide.
Parul ha deciso di fare qualcosa riguardo a questo problema. si è documentata di come e quanto la moda impatti socialmente. “Ho sempre voluto fare qualcosa di creativo, e quindi ho intrapreso la carriera di fashion design . E se il mio lavoro potrà aiutare le persone, poi è ancora meglio.”
Sachdeva ha già un business plan in atto. Avendo già pensato a un marchio, 6DOTS, Sachdeva, una volta finito il college, prevede di aprire un negozio, collaborare con altre marche, e commercializzare il suo marchio alla radio.
Negli ultimi mesi, Sachdeva ha lavorato su diversi capi con etichette che riportano la taglia, il prezzo e il colore del capo in braille. In aggiunta a questo, le etichette sono anche un segno prezioso, che indicano alla persona il lato corretto per indossare il capo di abbigliamento. “Le etichette, si spera, potranno ridurre il tempo speso per lo shopping”, dice Sachdeva. E aggiunge: “6DOTS darà indipendenza alle persona con disabilità visive per fare acquisti senza l’assistenza di altre persone, e infondere in loro la fiducia necessaria per fare le proprie scelte.”
Con il nuovo servizio di supporto alle famiglie della RSBC (Royal Society for Blind People) nel sud e sud-est di Londra, Astrid, una dei nostri operatori, lavora con bambini e giovani con disabilità visiva in età compresa da 0-25 anni insieme alle loro famiglie.
Il ruolo di Astrid, nel servizio che forniamo gratuitamente, si svolge nei seguenti modi : sostegno individuale su misura per le famiglie con una gamma di esigenze differenti, attraverso visite a domicilio, con scambio di e-mail regolari e contatto telefonico. Sostegno per genitori e tutori, nel prendersi cura di bambini con disabilità visive, aiutandoli a sviluppare e dare un senso al mondo che può sembrare un compito monumentale. Astrid condivide con noi alcuni utili suggerimenti per supportare i bambini con la visione alterata.
1. Tu sei l’esperto
lo sviluppo del bambino sarà unico, indipendentemente dal loro livello di disabilità visiva. Come genitore / accompagnatore, Tu sei l’esperto del vostro bambino e si avrà una prospettiva unica e valida su di lui / lei come un individuo, indipendentemente dal numero di professionisti coinvolti.
2. Lasciate il vostro bambino libero di esplorare e conoscere.
Concentrarsi sulle competenze che il bambino ha acquisito e incoraggia il suo entusiasmo per imparare cose nuove. Incoraggia i loro sforzi verso l’indipendenza – i bambini imparano facendo e commettendo errori, quindi lasciateli tentare.
3. Ottenere l’attenzione del vostro bambino chiamandoli sempre per nome
Per ottenere l’attenzione del bambino, rivolgersi a loro sempre col nome, in modo che sappiano che si sta parlando loro direttamente. Questo farà sì che non si perderà una descrizione, un commento o una richiesta da parte vostra, o di rispondere a una comunicazione che era destinata a qualcun altro.
4. Descrivi al vostro bambino che cosa è intorno a loro
Descrivere le persone, gli oggetti e gli eventi in modo semplice e chiaro, in modo che il bambino possa capire cosa sta succedendo intorno a loro anticipando anche quello che succederà dopo. Nel fornire descrizioni sufficienti, assicuratevi di bilanciare e non esagerare con le sollecitazioni, sempre per il benessere del bambino, assicuratevi di trovare loro spazi tranquilli dove poter pensare, porre domande, scoprire altri suoni intorno a loro, o semplicemente far riposare le loro orecchie.
5. Prendete il vostro tempo
La routine quotidiana, le esperienze di apprendimento e le attività di gioco rischiano di richiedere più tempo se si tratta di un bambino con una disabilità visiva. La vista ci aiuta a dare senso ad altri input sensoriali, come ad esempio l’origine di un forte rumore, così il vostro bambino può avere bisogno di più tempo per realizzare ciò che sta accadendo intorno a lui, o di capire la funzione di un oggetto particolare. Provate a concedere al vostro bambino il tempo di cui ha bisogno, e lavorate insieme sul modo migliore per eseguire un compito, per vestirsi, etc. – in futuro sapranno accelerare i tempi con la pratica. Siate realistici quando stimate il tempo, e cercate di disporre di un largo margine sufficiente da poter consentire al vostro bambino di fare le cose in base al proprio ritmo.
Il nostro Servizio di supporto familiare della RSBC può essere di grande ausilio
Potete saperne di più su come il nostro servizio può aiutare la vostra famiglia andando alla nostra pagina di servizio di sostegno alle famiglie, o, è possibile effettuare una richiesta ora compilando i dati qui sotto, e saremo in contatto.
Le insidie in agguato nel cercare di leggere nella mente di un collega
di ISAAC Lidsky e 29 dicembre, 2016 The New York Times – Articolo originale leggi qui
Nella mia condizione di cecità, sono spesso consapevole delle ipotesi erronee che fanno su di me alcuni miei colleghi. A volte le loro idee sbagliate sono trasparenti e palesi. Altre volte non sono esplicitate. Altre ancora sono da me immaginate, proiezioni delle mie ansie e insicurezze.
Considerate questo esempio: una mattina , ero nella sala pausa, e mi facevo il caffè con una macchinetta a capsule monodosi, quando una segretaria dello studio legale dove io lavoro, entrando prese rapidamente il sopravvento, insistendo nel fare per me il mio caffè.
Cosa avrei dovuto pensare? Pensava che fossi incapace di fare il mio caffè?
Sembrava in ansia per la nostra interazione, e mi contagiò. Sono perfettamente a suo agio con la mia cecità, e la mia routine del caffè, ma sentii sconfinare il suo disagio su di me, e ciò mi irritò notevolmente.
Cosa fare? Non mi piace particolarmente fare il caffè. Ma perchè qualcosa mi impediva ad accettare il favore e di andare avanti con la mia giornata? Perché non volevo cedere ai suoi pregiudizi, perchè questo avrebbe confermato le sue ipotesi sulle mie capacità, e così cedere alla sua ansia e farla mia.
“Apprezzo il tuo aiuto,” dissi. “Ma sono in grado di fare una tazza di caffè. Lo faccio ogni mattina.”
“Oh, lo so che lo fai, caro, ho visto che lo fai”, disse. “Ma butti via la capsula nel cestino della carta, e fai un pasticcio.”
Entrambi abbiamo riso, sollevati dell’ aver alleggerito l’aria. Non solo, ma grazie alla nostra conversazione, scoprii e giustificai la sua ferma resistenza ai miei sforzi di fare il caffè – e inoltre imparai l’ esatta posizione del cestino.
Concordammo così che in futuro lei avrebbe potuto fare il mio caffè al mio arrivo al mattino – non perché non fossi in grado di farlo, ma perché veramente poteva essere un pensiero carino e sincero. Non era davvero un grosso problema, ma apprezzai l’aiuto. Decidemmo inoltre che le volte che mi avrebbe visto fare un errore dovuto alla ma condizione di cecità, ne avrebbe semplicemente parlato.
Siamo tutti propensi a credere che possiamo vedere e leggere nelle menti degli altri, essere in grado di capire i loro punti di vista ed esperienze. La nostra mente è formata per farlo – di prevedere, di dedurre, di prendersi carico. In questo processo, inconsapevolmente edulcoriamo la realtà che ci porta a creare finzioni.
Nel regno della disabilità, le conseguenze di questo processo possono essere particolarmente perniciose. Ma il punto si estende a tutti gli esseri umani. Nella mia storia sul caffè, per esempio, io ero quello che ha elaborato i preconcetti erronei, e non il contrario.
La soluzione sta in una comunicazione efficace, ma questo è più facile a dirsi che a farsi. Troppo spesso nei luoghi di lavoro giochiamo con complesse dinamiche di competizione. Possiamo avere secondi fini, a breve e a lungo termine, personali e professionali. Si può agire al servizio di questi motivi, a discapito della sincerità e della chiarezza.
Mentre lavoravo in questa società, mi fu chiesto di preparare una relazione per uno dei suoi partner più influenti e di successo. Ho trascorso un paio di settimane elaborando un documento di 20 pagine che ho accuratamente documentato, ben strutturato, in maniera lucida e persuasiva. In realtà, ho pensato che fosse brillante. Soddisfatto del mio lavoro e desideroso di condividerlo, l’ho mandato al mio capo ed ho atteso la sua adulazione.
Balzò nel mio ufficio sorpreso dopo un paio di minuti. “Così sei in grado di inviare un’ e-mail?” Mi chiese.
Il suo stupore fu così evidente così come per me estremamente frustrante. Se fosse riuscito a fatica a credere che ero in grado di inviare un’ e-mail, che cosa pensava del documento in allegato? Se avesse supposto che avessi fatto affidamento su altri per utilizzare il mio computer, sicuramente avrebbe pensato che altricolleghi avessero contribuito al mio lavoro. Di quanto aiuto pensava avessi bisogno?
Ero arrabbiato. Ma per esperienza sapevo che la mia rabbia era inutile, così ho fatto un respiro profondo e considerato la mia eventuale risposta. Decisi che avrei affrontato per prima cosa la semplice domanda che aveva posto. Era curioso come un non vedente potesse inviare una e-mail, e che fosse inviata in maniera esatta. Con pazienza, gli mostrai come il software di lettura dello schermo mi permetteva di usare il mio computer.
Poi ribadii al nostro “ragazzo perspicace”: “Sai,” dissi, “Ho usato la stessa tecnologia per scrivere il memo che le ho appena inviato. Nessun altro ha lavorato con me. “
“Davvero?” Chiese, sorpreso ancora una volta in maniera evidente dal suo tono di voce.
“Davvero,” ho detto. “Questo è anche lo stesso software che ho usato come impiegato presso la Corte Suprema degli Stati Uniti. Nessuno mi ha aiutato nel mio lavoro, neanche lì. “
Ci fu una lunga pausa.
“Questo è incredibile”, disse.
“Sì, è un grande software,” dissi. “Grazie per la pausa di verifica.”
Dopo aver parlato con lui ulteriormente, mi resi conto che il mio lavoro era buono, ma non eccezionale. Il socio sollevò delle domande che non avevo preso in considerazione, e insieme considerammo ulteriori sfumature sulla mia analisi. Le sue intuizioni, nate dalla sua esperienza, furono preziose. Questa fu decisamente una conversazione produttiva.
Lavorammo bene insieme diverse volte prima che io lasciassi l’azienda, perché eravamo riusciti a rettificare le nostre idee sbagliate.
In tutta la mia vita lavorativa, ho imparato che quando si tratta di capire l’un l’altro, dobbiamo concentrarci su ciò che non sappiamo, non su ciò che pensiamo di sapere o che dovremmo sapere. Dobbiamo resistere alla tentazione di fare chiusura, e reagire dopo una riflessione senza giudizio verso gli altri. Dobbiamo superare la nostra paura di causare offesa e trovare fede nel potere delle intenzioni benevole. Si tratta di una disciplina che è difficile da raggiungere – ma che ne vale sicuramente la pena.
Autore dell’articolo Isaac Lidsky è il capo esecutivo di ODC costruzione a Orlando, in Florida, e l’autore delle prossime “Eyes Wide Open: superare gli ostacoli e le opportunità riconoscendole in un mondo che non può vedere chiaramente”. (TarcherPerigee).
Giornata mondiale della vista 2016: Diabete e cecità 13 ottobre 2016
Quest’anno la Giornata è dedicata alla retinopatia diabetica, che già colpisce oltre un milione d’italiani: è una delle principali complicanze del diabete, i cui danni sono però spesso evitabili. La Giornata Mondiale della Vista viene celebrata il secondo giovedì di ottobre dall’Agenzia internazionale per la prevenzione della cecità-IAPB Italia onlus insieme all’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica.
Nel mondo ci sono 147milioni di persone colpite da questa malattia oculare su 422milioni di diabetici. La retinopatia diabetica è la maggior causa di cecità in età lavorativa, può essere evitata grazie a controlli oculistici periodici, una diagnosi precoce può salvare la vista e tutelare la qualità della vita.
È la vista, tra i cinque sensi, a fornirci più dati sulla realtà: circa l’80% di tutte le informazioni che giungono dall’ambiente al nostro cervello passano attraverso gli occhi. I check-up oculistici regolari e i corretti stili di vita consentono di prevenire, in molti casi, i danni oculari. Si consideri che nel mondo la disabilità visiva può essere evitata in otto casi su dieci.
Solo in Italia l’Istat stima che vi siano 362mila ciechi e gli ipovedenti sono oltre un milione.
Nel mondo, secondo l’OMS, ci sono 39milioni di ciechi e 246milioni di ipovedenti. Informazione e divulgazione, diagnosi precoce e riabilitazione visiva sono i pilastri su cui poggia tutta l’attività della IAPB Italia onlus per eradicare la cecità evitabile, socialmente inaccettabile ed economicamente onerosa.
La retinopatia diabetica, una complicanza grave e frequente del diabete, è tra le principali cause di ipovisione e cecità, soprattutto nei soggetti in età lavorativa (20-65 anni). Per questo l’Agenzia Internazionale per la Prevenzione della Cecità – IAPB Italia onlus promuove una campagna informativa per conoscere più da vicino i fattori di rischio, le terapie e soprattutto come prevenirne l’insorgenza.
È molto importante sapere che, se sei affetto da diabete, devi controllare frequentemente i tuoi occhi! Sia che tu faccia insulina, sia che tu assuma farmaci ipoglicemizzanti, sia che tu segua soltanto una dieta devi sottoporti a visita oculistica almeno una volta l’anno.
Dopo 20 anni di malattia più del 90% dei soggetti è affetto da retinopatia diabetica di differente gravità. La diagnosi e il trattamento precoce della retinopatia diabetica possono prevenire la perdita della vista.
In alcune città italiane sono previste visite gratuite, incontri e distribuzione di materiale informativo.
Microsoft presenta un’ app che aiuta a vedere i non vedenti e gli ipovedenti.
Saqib Shaikh, è un ingegnere e sviluppatore di software per la Microsoft, ha perso la vista quando aveva solo 7 anni, Shaikh sta progettando l’ app cognitiva Seeing AI, che mira ad aiutare coloro che sono ipovedenti o non vedenti per una migliore comprensione del mondo che li circonda.
L’applicazione è stata presentata in un video, mercoledì scorso, e mostrato in occasione della Microsoft Build 2016 Developer Conference di San Francisco. Shaikh mostra come l’applicazione potrebbe contribuire a servire come una sorta di occhio digitale. Per esempio, in un ristorante, si può fare una foto del menu dal telefono – la voce della app lo guida fino a quando si ha l’immagine centrata – e l’intelligenza artificiale leggerà il contenuto del menu.
esempio dell’applicazione e di come può descrivere le persone, età, genere, e espressione facciale
L’applicazione è stata progettata per smartphone e funziona anche con speciali occhiali “intelligenti” con una piccola telecamera incorporata. La fotocamera può “vedere” persone o cose, l’applicazione riconosce chi o cosa sono, e una voce digitale riferisce le informazioni all’utente in tempo reale.
Il video demo presentato, nello specifico, mostra come Shaikh raccoglie le informazioni intorno a lui mentre cammina per la strada, e gli viene descritto nei dettagli chi era seduto di fronte a lui intorno a un tavolo in una riunione d’affari.
Il progetto fa parte di un progetto madre di Microsoft atto a promuovere l’intelligenza artificiale e incorporarla in altri aspetti della vita nel prossimo futuro. Il software utilizzato per sviluppare Seeing AI è solo una parte di un’ ampia collezione di dati, la Cortana Intelligence Suite, che raccoglie “grandi dati”, apprendimento automatico, percezione, analisi e robot intelligenti” messi a disposizione degli sviluppatori, secondo un comunicato stampa di Microsoft.
CHIRURGHI CINESI IMPIANTANO CON SUCCESSO CORNEE DI MAIALE POTENZIATE PER IL TRATTAMENTO DELLA CECITA’ UMANA.
Pechino: chirurghi cinesi hanno annunciato il successo ottenuto dal trapianto in un occhio umano di una cornea di maiale bioingegnerizzata, uno sviluppo che potrebbe aiutare milioni di persone a vedere di nuovo.
I medici dell’Istituto Oculistico nella provincia di Shandong est della Cina hanno detto che il trapianto una cornea di maiale bio-ingegnerizzata in un occhio umano ha avuto luogo nello scorso settembre.
La visione del paziente è gradualmente migliorata dopo un periodo di recupero di tre mesi, il che significa che il trapianto è stato un successo, ha detto Zhai Hualei, direttore della divisione della cornea dell’istituto.
Wang Xinyi, 60, ha avuto una grave ulcera corneale. Poteva solo vedere gli oggetti in movimento nel raggio di 10 centimetri.
“I medici inizialmente hanno detto che mio padre poteva perdere la vista in un occhio, perché non ci sono abbastanza donazioni di cornea” ha riferito il figlio di Wang. (Il divario tra le liste d’attesa di chi ha bisogno di un organo e il numero di organi effettivamente disponibili per i trapianti è tuttora molto grande)
Per il trapianto della cornea è stata utilizzata una bio-ingegneria di nome Acornea, il primo prodotto ad essere accreditato dalla China Food and Drug Administration nel mese di aprile, ha riferito l’agenzia statale di stampa Xinhua.
Con la cornea di maiale come materiale principale, il prodotto è privo di cellule, proteine ibride, e altri antigeni. si conserva una struttura naturale di collagene con notevole biocompatibilità e sicurezza biologica, ha detto Zhai.
(Per disattivare i retrovirus derivante dall’impianto di specie diverse si ricorre all’ingegneria genetica: si tratta del CRISPR/Cas9, una tecnica di “editing” genetico derivata dai batteri. I CRISPR, infatti, fanno parte del sistema immunitario dei batteri e sono anche dei “redattori genetici” grazie all’endonucleasi Cas che riconosce l’RNA nel quale il DNA virale si traduce per replicarsi. L’enzima Cas si appropria di quell’RNA, così riconosce esattamente i pezzi di DNA virale e li elimina tutti. La correzione resta nel genoma del batterio e si trasmette alle cellule figlie.)
Enorme divario tra domanda e offerta di cornea umana.
Le malattie della cornea sono una delle principali cause di cecità in Cina, se ne può stimare circa 4 milioni di persone. Nuovi casi stanno aumentando di 100.000 ogni anno, tuttavia, solo circa 5.000 persone ricevono un trapianto di cornea ogni anno.
Il Pechino Tongren Hospital e Wuhan Xiehe Hospital, tra gli altri, hanno condotto studi clinici di Acornea dal 2010, registrando un tasso di successo del 94,44 per cento, simili ai risultati osservati con le cornee umane donate.
Questa cornea derivante da nuove metodologie di bio-ingegneria può aiutare milioni di persone a vedere di nuovo, ha detto Zhai. Secondo le statistiche dell’Organizzazione mondiale della sanità, sono stimate in tutto il mondo 285 milioni di persone non vedenti: di cui 39 milioni cieche e 246 milioni ipovedenti.
Franco Gitto poeta e scultore ci racconta le sue strategie per affrontare la cecità.
Oggi mi trovo a Vulcano e sono ospite nella casa del poeta Franco Gitto e della sua compagna Gianna Zuradelli. Franco in seguito a una malattia ha perso quasi completamente la vista e, rispondendo alla mia richiesta in modo spontaneo e generoso, ha deciso di condividere con noi parte della sua storia, aspetti intimi dolorosi ma anche gioie. E’ stato per entrambi un susseguirsi di emozioni intense: abbiamo ripercorso insieme periodi della sua vita a volte con voce rotta dalla commozione, ma subito dopo ritornava il guerriero che conosco, con la voce alta e perentoria di chi guarda in faccia la vita.
Laura: Franco che malattia hai avuto e che conseguenze ti ha portato?
Franco: Ho iniziato con un male terribile alle ginocchia, poi è salito alle braccia, quest’onda inesorabile è arrivata fin sotto alle orecchie per poi finire al cervello, dal dolore mi sembrava di impazzire. Per cinque mesi ho dovuto sopportare questi dolori atroci, prima che i medici potessero capire che cosa avessi. Ho peregrinato tra gli ospedali di Lipari, Milazzo, Barcellona (Me), Brescia. In tutti questi ospedali mi hanno sottoposto a punture di antibiotici di tutte le specie perché non riuscivano a individuare una diagnosi, ero ridotto a un colabrodo, gonfio come un bue, qualche volta per evitare che mi facessero ulteriori punture di antibiotici, sopportavo il dolore, i professori mi sgridavano sapendo quello che stavo passando. Alla fine, per eliminazione, all’ospedale di Brescia dettero un nome alla mia malattia: Arterite temporale, che mi ha colpito la vista, a oggi mi è rimasto un residuo visivo del 18% nell’occhio destro da poter utilizzare e il sinistro invece è completamente cieco.
Laura : Sulla tua pagina Facebook hai scritto una frase che ti rappresenta: “Ho una brutta malattia e due amanti sotto il letto una è la poesia e l’altra è l’arte in pieno aspetto”. Questa la consideri la tua vera malattia?
Franco: (ride) Sì, perché sono le mie passioni più forti, le mie amanti.
Laura: Sono queste amanti che ti hanno dato la forza per ricercare una buona qualità di vita?
Franco: La poesia mi ha dato la vita, da bambino ero un piccolo cantastorie e cantavo nelle piazze circondato dalla gente, leggere sui volti l’effetto che facevano mi rendeva felice. Così ho cominciato a scrivere le mie prime poesie per cantarle nelle piazze. La prima che ho scritto era per la mia mamma, da lì mi sono lasciato coinvolgere in maniera totale. Mi sono innamorato.
Laura: Franco, tu scrivi le tue poesie sia in lingua italiana che in dialetto siciliano, qui vedo dai tuoi trofei che hai vinto numerosissimi concorsi un po’ dappertutto, ma quante ne hai scritte?
Franco: Ho all’attivo circa 1200 poesie, 4 libri stampati, 94 riconoscimenti a livello europeo, sono senatore dell’Ordine Oraziano.
Laura: Il tuo rapporto con la scultura quando è nato?
Franco: Sono autodidatta e da sempre ho sentito al cospetto di zone rocciose un’attrazione fortissima, tant’è che se anche mi trovavo in compagnia di amici, sparivo e non mi trovavano più, loro andavano al ristorante e io girovagavo in cerca di pietre, era come se mi chiamassero. In qualche modo ne ero attratto, a trentasei anni ho preso la prima pietra in mano per trasformarla in un orango tango,
Laura: Qual’è la pietra che utilizzi per le tue opere?
Franco: Basalto lavico, composto al 40% di ferro, sono pietre durissime e quando hai terminato sei tranquillo che è un’opera eterna, uso il flessibile piccolo per smussare, scatena fiammate impressionanti.
Laura: Franco, l’hai un po’ anticipato nel video, e quindi entro a gamba tesa, come hai accolto nel tuo intimo la notizia delle conseguenze della malattia?
Franco: Diciamo che quando ho sentito il nome della malattia non mi sono scomposto più di tanto perché non sapevo di cosa si trattasse e poi nei giorni a venire, quando mi resi conto che la vista mi stava abbandonando, sono caduto in preda allo sgomento. Avevo fiducia nei professori e nella scienza di oggi, ma rimasi ugualmente sgomento. Nella mia vita credo di aver utilizzato i miei occhi per guardare bene le cose che mi circondavano, ero abituato a cogliere in maniera selettiva i dettagli per trasferirli poi nella mia arte, qualunque espressione decidessi di adottare, ho sempre colto l’essenziale, non mi sono mai perso in dettagli inutili, quindi lo shock è stato forte. Per me la vista era uno strumento sensoriale indispensabile per la mia espressione artistica.
Laura : Hai voglia di condividere le emozioni che si sono mosse dentro di te in quel periodo?
Franco: All’inizio ti trovi fuori rotta, non capisci come gestire questa tegola che ti è piombata addosso, un guazzabuglio di emozioni e dolore. Per fortuna la natura ci ha dotato anche del ragionamento: pensavo e ragionavo con me stesso in cerca di risposte. Ripeto che nel mio peregrinare durato cinque mesi, ho visto quelli che stavano peggio di me, c’era chi entrava in ospedale di notte e alla mattina non c’era più, quindi io con la vista o senza la vista ho pensato di essere comunque tra quelli fortunati (voce rotta dalla commozione).
Laura: È stata questa la molla che è scattata facendoti reagire per iniziare il cammino del cambiamento dovuto alla disabilità?
Franco: Diciamo che sono stato forte.
Laura: C’è stato un episodio che ti ha fatto riprendere la rotta salvandoti dalla deriva che ti stava risucchiando?
Franco: Sin da subito ho cercato di migliorarmi da solo psicologicamente,
Laura: È importante avere accanto una persona sulla quale fare affidamento?
Franco: Certo può essere importante, ma bisogna trovare ben altro, la mia Giannina mi ha dato tutto. È stata sempre al mio fianco, ho cercato con tutti i mezzi di farmi forza, ma come si dice aiutati che Dio ti aiuta.
Laura: Com’è la tua vita oggi? Che cambiamenti ci sono stati nella tua quotidianità?
Franco: A volte mi sorprendo ancora, con un piccolo nodo alla gola, quando mi rendo conto di non potere fare alcune cose, come scolpire, puoi facilmente immaginare che il flessibile in mano non sia più saggio per me tenerlo. Sono un vecchio campione di ciclismo e ho dovuto appendere le mie biciclette al chiodo, quando passo lì davanti mi fa male, ma a parte questi momenti, credo comprensibili, la mia forza vince sempre. Grazie a Dio non ho il cervello compromesso, e posso fare i conti con il mio raziocinio. Vivo a casa mia, conosco a memoria la mia casa, i miei angoli, i miei tragitti, le più piccole asperità del terreno del mio orto, tanto da quasi poterci correre. Tutto ha un ordine preciso, per orientarmi in modo da poter fare riferimento senza avvilirmi nel cercare per ore ciò di cui ho bisogno.
Laura: Quindi è fondamentale recuperare la memoria visiva?
Franco: Mi avvalgo dei miei ricordi, per me è ancora vita.
Laura : Possiamo affermare che la memoria visiva è un grande patrimonio?
Franco : Sì, essere nati vedenti senz’altro mi avvantaggia, i ricordi sono tutti nel mio archivio, nei cassetti della mia mente, che tiro fuori quando mi servono.
Laura: Franco, ogni anno vedo che i tuoi pomodori appinnuti assumono fogge diverse, è implicito che la tua arte la esprimi anche attraverso i frutti del tuo orto, hai sempre avuto un animo contadino?
Franco : Sono figlio di contadini e il rapporto con la terra per me è importantissimo, non potrei vivere in una casa senza un pezzo di terra, anche piccolissimo, ho bisogno della terra. Ricordo mio padre durante l’occupazione contadina in Sicilia; a sette anni ho fatto la mia parte, ho fatto il guardiano delle bandiere rosse, dovevo contarle e stare attento che nessuno se le portasse via, quindi per me è fondamentale essere in contatto quotidiano con la terra.
Laura: Franco, durante i miei incontri di sensibilizzazione sul tema dell’ipovisione, le persone dopo aver provato i simulatori visivi delle varie patologie, mi fanno mille domande, parecchi ne sono scossi emotivamente, molti mi dicono che se dovesse succedere a loro, arriverebbero a compiere un gesto estremo, tu cosa ti sentiresti di dire in proposito?
Franco: Che sbagliano, sbagliano di grosso. La mia l’ho già detta prima durante il video, l’idea l’ho avuta anch’io, ma deve prevalere il ragionamento, guardiamoci attorno e vediamo il resto del mondo com’è combinato, siamo sempre dei fortunati, perché siamo ancora qui, e possiamo contare sugli altri sensi. La vita continua, bisogna accettarsi per come si è. Basta, stop. Accettarsi. Sono qua, sto parlando, mi stai intervistando. Io non mi arrendo.
Laura: Qualcuno mi ha detto: “Guarda piuttosto mi farei togliere un braccio o una gamba, ma non la vista, non ce la potrei fare”. Io di rimando ho chiesto: “Pensi di avere la possibilità di scelta? E di conseguenza tutti noi con problemi visivi abbiamo fatto la scelta sbagliata?
Franco: Mah… ti dico che se a questi signori gli togliessero un braccio, direbbero mi contentavo che mi togliessero un occhio.
Laura: Sì, perché purtroppo bisogna fare l’esperienza per comprendere la propria condizione.
Franco: Posso affermare che non mi ero accorto fino ad oggi, di avere il senso dell’udito così sopraffino, se non avessi avuto la malattia non l’avrei scoperto, non ci avrei fatto caso, noi diamo tutto per scontato. Ora posso distinguere i suoni e i rumori anche distanti con molta precisione.
Laura: Sì, è vero anche per me è così. Ieri ho sentito arrivare la tua compagna, Gianna, e l’ho riconosciuta dal rumore del suo passo, che già conoscevo, e che contraddistingue ognuno di noi, se si presta la giusta attenzione.
Franco: In una mia poesia dico che la vita ci ricambia sempre. Se tu hai poca vista avrai più udito, se ti manca un braccio, avrai più forza nelle gambe, e cosi via e in ultima analisi dico: “I guai cominciano quando nasci con tanti peli sullo stomaco e senza di uno sulla lingua”. Di queste poesie ne ho scritte una serie durante la mia permanenza in ospedale, quando stavo male ho scritto solo poesie ironiche. Questa deve essere la forza che raccomando di cercare dentro di sé ai nostri amici che si trovano nella stessa condizione. Che cosa siamo in questo mondo se non sappiamo come disciplinarci e dare ordini al nostro corpo? Il corpo accetta ogni tipo di ordine. Il corpo compensa sempre e non c’è altro che noi possiamo fare. Basta avere la forza di resistere.
Laura: Tu stai dicendo che innanzitutto ci si deve parlare bene ed essere proatttivi, di trovare dentro di sé la capacità di reagire agli eventi in modo consapevole e responsabile senza lasciarsi limitare dalle condizioni interiori ed esterne?
Franco: Sì, devi dirti che non sei cieco, ma che stai cercando di migliorare la tua vista, anche senza occhi devi essere presente in tutto. Devi frequentare questo tipo di scuola, non servono professori o scienziati per questa disciplina, te la devi fare da solo, ci vuole costanza e alla fine avrai risultati utili per la tua vita. Quest’ultimo episodio, quello della vista, è stato quello che mi ha tirato fuori prepotentemente una forza che non conoscevo, se non passi da qui non ti conoscerai mai a fondo.
Franco: L’imponderabile non lo puoi prevedere, l’imprevisto non lo puoi scegliere, non sai come reagirai, non puoi pensare che certe cose capitino solo agli altri, che si trattino di “fatti lontani” dal nostro quotidiano. Se tu accetti di vivere in questo mondo, devi essere cosciente di quello che fai e di come ti muovi, devi avere la forza di accettare tutto ciò che ti può capitare, non puoi cambiarlo. Nella tua vita ti devi preparare all’imponderabile, allenarti, e anche tu con i tuoi simulatori fai fare un’esperienza che può rientrare anche questa nella preparazione. Ti faccio un esempio: quando ero giovane mi veniva spontaneo serrare gli occhi e pensare ai ciechi, e cercare di agire al buio. Mi chiedevo: “Ma come fanno? “ e mi allenavo. La preparazione è essenziale, non è che bisogna fuggire da questi pensieri, perché tutto può accadere. Inoltre essere preparati ti permette di entrare in empatia con gli altri e le loro difficoltà, perché pensi che possa accadere anche a te.
Gianna (la compagna di Franco): Devo dire che Franco ha avuto una grande forza, è chiaro che quando ha saputo che non c’era più niente da fare per la sua vista, sia caduto in preda a un grande sconforto. Essendogli stata vicina, ho temuto che non ce l’avrebbe fatta. Invece, elaborando e venendo a patti con la sua malattia, ha tirato fuori una grande forza, ha fatto una scelta degli obiettivi da raggiungere, ha scelto la via più utile e produttiva per affrontare la sua vita. Ha accettato le conseguenze della sua malattia e, lo posso affermare senza retorica, il pensare a chi sta peggio sposta l’ago della bilancia, ti fa uscire dal tuo orticello. Franco ha superato non solo la faccenda degli occhi, ma anche vari ictus e infarti. Grazie alla sua caparbietà ha cominciato a leggere e a scrivere col suo computer. Scientificamente non lo si può spiegare, ma osservandolo a volte mi chiedo se veramente sia in questa condizione, perché ha una tale percezione del reale che supplisce quasi totalmente alla vista mancante. Vede cose che io non vedo.
“Un guerriero sceglie una strada, qualunque strada, con il cuore, e la segue; e poi si rallegra e ride. Sa, perchè vede che la sua vita finirà anche troppo presto. Vede che non c’ è nulla che sia più importante di tutto il resto.” Paolo Coelho
Alcuni ricercatori hanno scoperto che un certo numero di malattie che causano la cecità possono essere curate con il trapianto di cellule staminali del cavo orale.
Avere la capacità di vedere, è qualcosa che molte persone danno per scontato. Purtroppo, una stima dell’Organizzazione Mondiale della Sanità afferma che 285 milioni di persone nel mondo hanno disabilità visive, di cui 39 milioni completamente ciechi. D’altra parte, la ricerca ha fatto grandi passi avanti nella lotta contro la cecità, compreso lo sviluppo del primo impianto di occhio bionico, così come si sta andando avanti con la ricerca sulle cellule staminali. Ultimamente, i ricercatori dell’Università di Oslo hanno scoperto che un certo numero di malattie che causano la cecità, possono essere curate con un trapianto di cellule prelevate dalla cavità orale.
Una di queste malattie è la carenza di cellule staminali limbari (LSCD), causata dal danneggiamento del limbus dell’occhio. Le cause più frequenti vanno dalle infiammazioni croniche, radiazioni, malattie genetiche, interventi chirurgici, infezioni, uso di lenti a contatto, o l’uso di droghe. Si stima che oltre 1,5 milioni di persone ne soffrono in tutto il mondo. Tuttavia, i ricercatori hanno scoperto che questa condizione è curabile attraverso le cellule staminali coltivate in vitreo. Queste cellule sono prelevate dai tessuti della cavità orale e trapiantate nell’occhio del paziente: queste nuove cellule staminali andranno a sostituire le vecchie cellule danneggiate.
L’utilizzo delle cellule staminali della cavità orale del paziente, consente ai medici di sospendere la somministrazione di farmaci immunosoppressori, che portano ad effetti collaterali gravi, come febbre, mal di schiena, ecchimosi, sanguinamento, e sangue nelle urine. Dal momento che indeboliscono il sistema immunitario, lasciano i pazienti predisposti a molteplici forme d’infezione e malattie.
Alcuni ricercatori, inoltre, si stanno concentrando sullo stoccaggio e le condizioni di trasportabilità dei campioni di tessuto coltivato, nella speranza che il trattamento diventerà più accessibile anche in quei luoghi dove si hanno maggiori necessità, come nei paesi del terzo mondo.
“Oggi, le cellule del cavo orale sono state coltivate per il trattamento di persone non vedenti in alcuni centri specializzati in tutto il mondo. Studiando le condizioni più ottimali per la conservazione e il trasporto del tessuto coltivato, saremo in grado di rendere questo trattamento disponibile in tutto il mondo, e non solo vicino ai centri di coltivazione in vitreo “, ha detto il ricercatore Rakibul Islam, in un comunicato stampa.
In collaborazione con la Harvard Medical School, il Dott. Islam ha scoperto che la temperatura ottimale per mantenere vitali le cellule staminali durante il trasporto, va dai 12 a 16 gradi, e non i 37 gradi centigradi precedentemente creduti. Con questa temperatura le cellule staminali mantengono le loro caratteristiche essenziali al meglio. Il Dott. Islam ha anche scoperto che persino la posizione nella cavità orale da dove si estraggono le cellule, può determinare la qualità delle cellule staminali che saranno coltivate.
Finora, circa 250 persone con LSCD sono state trattate con questo metodo di trapianto di cellule staminali. Tre su quattro hanno avuto successo, e secondo il Dott. Tor Paaske Utheim, oculista e ricercatore presso la Facoltà di Oftalmologia della Oslo University Hospital, dopo aver subìto il trattamento, i pazienti hanno avuto una notevole riduzione del dolore e della perdita di visione, che sono entrambi sintomi di LSCD.
Dopo aver perso la vista in età avanzata (43), Elaine Waters ha dovuto imparare a vedere in modo diverso.
Nonostante sia quasi completamente cieca, Elaine Waters vede ancora la bellezza nella vita di tutti i giorni. I suoi tacchi alti battono il tempo insieme al lungo bastone bianco, che, in cerca di guai, sfiora per terra disegnando un arco basso.
Se segui lo stelo del bastone sottile fino a superare lo smalto nero delle unghie di Elaine Waters, vai oltre il tatuaggio sull’avambraccio dell’ultimo disegno abbozzato da lei in ospedale, arrivi poi fino a quegli occhi brillanti, con un accenno di mascara.
“Non sembri cieca,” la gente dice a questa madre di due ragazzi di Auckland , che ha perso la vista, sette anni fa in seguito a un effetto collaterale di una malattia autoimmune.
“Non sembri stupido, ma lo sei”, vorrebbe ribattere, nel suo ricco accento scozzese. “La mia domanda al mondo è: “A che cosa dovrebbe assomigliare un cieco?”
La Waters è stata una sana e felice madre che lavorava come truccatrice per Lancome, quando all’improvviso la sua visione del mondo è andata letteralmente in frantumi. Un attacco di panico in un caffè di Wellington ha segnato l’inizio di un incubo. Poi i suoi occhi cominciarono a gonfiarsi al di fuori dalla sua testa. Prima il sinistro e poi quello destro.
Le è stata diagnosticata la malattia del morbo di Graves Basedow, provocata dalla sua tiroide iperattiva. I chirurghi hanno inciso le sue orbite per alleviare la pressione, ma il danno era già stato fatto. Il gonfiore aveva schiacciato il nervo ottico e danneggiato i muscoli oculari. Improvvisamente la sua vista è diventata un caleidoscopio senza sosta , una sorta di distorsione cubista, tutti gli angoli come schegge taglienti.
“Nel giro di due o tre settimane sono passata da essere perfettamente vedente ad essere legalmente cieca”, ricorda la Waters.
Nella sua casa, lei sapeva esattamente dove tutto era sistemato, ma il più piccolo dei compiti, come la cucina, era diventato un calvario estenuante.
“E ‘stato così difficile. Sapevo come fare. Sapevo come era fatto un piatto, ma c’erano un milione di pentole, volevo afferrare il manico, ma il manico non c’era.”
“Perdere la propria indipendenza è stato più devastante del non essere più in grado di vedere. C’erano un sacco di tempi bui, un sacco di frustrazione, e un sacco di volte, ho avuto l’impressione che qualcuno non capisse quello che stavo passando. Ma proprio l’amore puro dei miei figli mi ha fatto desiderare di fare meglio e conquistare il giorno dopo. “
Ci sono voluti circa quattro anni per la Waters, per accettare tutto questo. Ora lei si meraviglia di quanta strada abbia fatto e tutto sembra così lontano.
Dentro le mura, la punta delle dita sfiorano le pareti come antenne per cercare un passaggio sicuro, la sua mente traccia una mappa mentale. All’esterno, il bastone bianco diventa i suoi occhi. Quando le fu presentato, scoppiò in lacrime. Ora per lei è sinonimo di libertà.
Lei conosce la strada fino al supermercato o la farmacia nella piccola Te Atatu, ma per arrivarci può sembrare un compito immane.
Conta anche i 150 passi che la separano dalla casa di sua sorella, il bastone bianco batte ed intercetta da un lato all’altro per sentire gli ostacoli, la pendenza e la consistenza del terreno. Colpire con il bastone il dissuasore anti-parcheggio, è l’unico modo per sapere quale della serie di versioni che sta vedendo, è quella reale.
Il suo naso, lavora tantissimo, molto di più: il delizioso profumo di lievito del panificio, la farmacia odora di profumi, l’aria fuori dal bar che fa cibo da asporto, è densa del profumo di olio fritto.
Anche ora, attraversare la strada rimane un compito orribile. Un dosso si estende senza interruzione dal percorso pedonale, lei si ferma appena prima del bordo, sentendo col bastone il cambiamento della strada dal pavimento liscio all’angolo del dosso artificiale. Una macchina rallenta e conta 18 passi per attraversare e raggiungere l’altro lato.
A sua volta al supermercato, naviga per il negozio utilizzando una mappa mentale: terza corsia giù, secondo ripiano su, nel mezzo. Talvolta, la sua mappa fallisce, quando cambiano le corsie e la disposizione dei prodotti. C’è la farina di sago , nella dispensa di casa, che nessuno sa cosa farne. E poi c’è stato il momento in cui ha ordinato online 20 scatole di fagioli al forno, invece di due.
“Mio figlio pensa che sia abbastanza divertente quando torno a casa con tutte queste cose scelte a caso per cercare di farne un pasto “ Dice la Waters ridendo.
Ma soprattutto, ha imparato l’indipendenza. Lhasa Apso Skye è il nome del suo cane guida non ufficiale. Lei lavora per l’azienda di sua sorella Modica come ricercatrice e assistente esecutiva. Può lavorare da casa, ma ama anche andare in ufficio in città, con il suo trucco a posto e i suoi tacchi alti che il suo allenatore della mobilità le ha raccomandato di non indossare mai.
Va anche in palestra, dove può passeggiare sul tapis roulant, chiudendo gli occhi e facendo finta di essere in spiaggia.”Non c’è rischio di cadere, di inciampare, né di sbattere contro qualcuno. Posso solo camminare per miglia. E’ così bello.”
“Le persone spesso mi chiedono se sarebbe stato più facile se fossi nata cieca. Forse, ma non voglio scambiare i preziosi ricordi di figlio Jimmie, ora di 22 anni e la figlia KDee, di 19. Jimmie e la sua compagna vivono insieme con la Waters e cucinano loro la maggior parte delle volte.
Quei ricordi visivi la aiutano a decodificare il mondo che ora le sta di fronte.
“E’ come mettere insieme i pezzi di un puzzle: un ricordo, quello che sto realmente vedendo, quello che penso che possa essere simile. Metto insieme tutte queste tre cose per creare un’immagine di quello che sta succedendo.”.
Ci sono ancora dei giorni cattivi – quando ti fregano o tassisti che ci mettono 30 minuti per un viaggio di cinque minuti. “Sono cieca, non stupida.”
Ma lei sente di aver finalmente chiuso il cerchio, riscoprendo il suo sole, il suo io sociale.
“Mi manca quello che avevo prima, ma ad essere onesti la mia vita ora è bella e non sono mai stata in pace con me stessa quanto lo sono ora. Quando si perde uno dei nostri sensi, quello che ho constatato è che gli altri sensi si sono potenziati.
“Ma è davvero il mio intuito, il mio istinto quello che conta. Quando mi capita di incontrare delle persone le posso calibrare “Sì, voglio dare a questa persona un po’ di tempo” oppure ” No, forse è meglio di no”. Quindi, anche se non riesco a vedere , posso effettivamente vedere molto di più sul mondo in cui vivo. Può essere molto più piccolo, ma le cose che posso vedere e dedicare il mio tempo per guardarle sono ugualmente cose belle. “
Dopo aver perso la vista in età avanzata, Elaine Waters ha dovuto imparare a vedere in modo diverso.
PER L’ARTICOLO ORIGINALE E LA VIDEO INTERVISTA di ELAINE CLICCARE QUI
Un lettore per banconote per non vedenti.
di Ivano Abbadessa – 30.07.2015
Da oggi, pagare con le banconote in euro sarà ancora più facile per le persone con disabilità visive. Questo grazie ad un’idea di un gruppo di studenti dell’istituto di ingegneria meccanica di Malta, che hanno sviluppato un apposito lettore per distinguere le banconote di diverso valore. E’ un semplice dispositivo in alluminio dalle dimensioni di una carta di credito, ha cinque tacche, ciascuna corrispondente alla larghezza delle banconote del valore di € 5, € 10, € 20, € 50, € 100 e € 500. Tutto quello che deve fare la persona con handicap visivo è di confrontare la larghezza della banconota con la tacca corretta sul dispositivo, che indica il valore della banconota.